martedì, novembre 30, 2010

RIFORMA GELMINI: DIAMO VOCE AI RICERCATORI PRECARI


Un gruppo di ricercatori precari ci scrive un articolo in merito alla riforma universitaria del Ministro Gelmini e noi lo pubblichiamo per dar loro voce.

L’Università e la Riforma Gelmini

L’Italia è un paese di “santi, poeti, navigatori” ed università. Sono infatti presenti su un territorio relativamente piccolo 71 università pubbliche (61 statali, 4 promosse da enti pubblici e 6 scuole superiori universitarie) e 13 università private.
In alcuni casi, enti locali a livello provinciale e locale hanno spinto per la creazione di nuove sedi universitarie non strettamente necessarie, contribuendo alla proliferazione di distaccamenti e succursali e giungendo al traguardo di un’università statale ogni 900.000 abitanti. I concorsi per i posti strutturati sono in molti casi delle cooptazioni mascherate (come avviene peraltro all’estero, nel mondo anglosassone anche in modo diretto) e l'assunzione di personale che si rivela in seguito non all'altezza non comporta alcun tipo di penalizzazione, né per coloro che sono stati responsabili della scelta, né a livello di dipartimento o di facoltà. Se a questo si aggiunge che i compensi sono inferiori alla media europea, che l’investimento nell’istruzione è tra i più bassi dei paesi industrializzati e che la ricerca nell'industria privata italiana è finalizzata al guadagno immediato, si può ben comprendere come il sistema necessiti di una riforma organizzata per evitare il collasso.
Troppo spesso, però, si dimentica che, tra tutte le difficoltà elencate, in Università vi lavorano con spirito di abnegazione, sacrificio, passione e competenza, migliaia e migliaia di giovani precari che ogni giorno si scontrano con un futuro incerto ed opaco (per non dire nero). Quindi una riforma che parte da un (ulteriore) taglio dei finanziamenti per la ricerca (leggi 103/09, 1/09, 78/10) e da un blocco del turn-over si configura già in partenza come un insuccesso, a prescindere da quanto specificatamente poi contenga, perché inizia danneggiando proprio i più deboli, inizia danneggiando proprio questi giovani precari. Ed è per questo, prima di tutto il resto, che si è levata la protesta unanime del popolo accademico italiano.
La Riforma Gelmini vera e propria, poi, non ha mitigato le proteste e, anzi, ha introdotto ulteriori spunti per il propagarsi delle manifestazioni e dei dissensi anche da parte dei più moderati. In sintesi la riforma prevede un aumento dei membri esterni nei Cda delle Università, la limitazione della carica di rettore a sei anni, l’esaurimento della figura del Ricercatore a tempo indeterminato  (di fatto precarizzando il primo step della carriera accademica), l’istituzione della figura di Ricercatore a tempo Determinato, nuove modalità concorsuali, l’aumento e la regolarizzazione del numero di ore di insegnamento per i professori, la diminuzione del limite massimo di età per il pensionamento a 70 anni e l’istituzione di un fondo per gli studenti più bravi come anticipo spese (che devono poi essere restituite).
A fronte di alcune interessanti innovazioni e di un rigore finanziario (finalmente) richiesto alle Università italiane, due sono i punti più caldi e dibattuti della riforma: il ruolo dei Ricercatori e l’autonomia interna degli atenei.
Il disegno di legge prevede, infatti, l’istituzione della cosiddetta tenure track, un istituto proprio del mondo accademico anglosassone. Un tenured professor raggiunge la propria posizione al termine di una cosiddetta tenure track, se è riuscito a dimostrare con la propria attività (pubblicazioni, insegnamento, capacità di gestione, ecc.) il proprio valore. Questa “temporanea precarietà” viene riconosciuta con stipendi molto alti. Inoltre, quando un’istituzione avvia una persona su una tenure track parte dal presupposto che tale percorso abbia successo. Quindi fino dal suo inizio i finanziamenti che serviranno a pagare lo stipendio per tutta la vita a quella persona devono essere disponibili. Questa condizione-chiave però non è al momento affatto garantita dalle iniziative governative italiane. Ciò che il ddl Gelmini prevede in sostituzione dei ricercatori a tempo indeterminato è, infatti, l’istituzione della figura dei ricercatori a tempo determinato con contratti da 3(+2)+3 anni non ulteriormente rinnovabili e senza diritto al ruolo di II fascia. In sintesi si rischia di creare dei ricercatori “usa e getta”: dopo 11 anni (di dottorato e contratti a tempo determinato) non c’è alcuna garanzia di reclutamento nella seconda fascia e non è più possibile rinnovare il contratto. Inoltre, si creano le condizioni per una “guerra tra poveri”: visti i tagli, i pochi fondi disponibili potrebbero venire usati per sottrarre alla disoccupazione i ricercatori a termine, compromettendo quindi le prospettive di carriera degli attuali ricercatori a tempo indeterminato.
Per quanto riguarda la governance degli atenei, la riforma prevede che il ruolo dei principali organi universitari, il senato accademico e il consiglio di amministrazione (Cda), venga  modificato, introducendo una distinzione netta tra i due organi di governo: il senato accademico con responsabilità esclusivamente sulla didattica, mentre il Cda con responsabilità sulla gestione, le spese, le assunzioni ed i costi di gestione. E’ previsto un aumento dal 10 al 30% della soglia minima di membri esterni del Cda (che non fanno parte del mondo universitario). Proprio quest’ultimo punto potrebbe aprire la porta ad una lottizzazione senza precedenti dell’università italiana che vedrebbe protagonisti gli esponenti politici locali, di fatto minando le fondamenta di una università realmente pubblica.
E’ chiaro che il tema è sensibile e delicato e che probabilmente una visione ampia dell’impatto della Riforma Gelmini (nel caso venga approvata definitivamente) si potrà avere solo nei prossimi anni, tuttavia rimane certo che, come al solito, chi è più coinvolto e più toccato non è stato né interpellato, né tenuto in considerazione…

Un gruppo di ricercatori, precari


Fonti:
www.miur.it
www.sbilanciamoci.info
http://it.wikipedia.org/wiki/Lista_delle_università_pubbliche_in_Italia
http://www.lettera43.it/articolo/3337/labc-della-riforma-gelmini.htm
http://www.authorstream.com/Presentation/aSGuest73155-613172-decreto-gelmini/