giovedì, aprile 05, 2012

LAVORO: DDL - IL TESTO DELLA RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO


Nel caso di licenziamenti giustificati dalle aziende con la motivazione economica, il lavoratore potrà rivolgersi al giudice qualora ritenga che la motivazione stessa sia infondata. Il testo parla di «insussistenza» delle motivazioni: in questo caso il giudice potrà optare sia per il reintegro sia per l’indennizzo da 12 a 24 mensilità (nella prima versione si parlava del solo indennizzo per un importo pari a 15-27 mensilità).

L’articolo da leggere è il 14.

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Disegno di legge recante disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita
Capo I
Disposizioni generali
Capo II
Tipologie contrattuali
Capo III
Disciplina in tema di flessibilità in uscita e tutele del lavoratore
Sezione I – Disposizioni in materia di licenziamenti individuali
Sezione II – Disposizioni in materia di licenziamenti collettivi
Sezione III – Rito speciale per le controversie in tema di licenziamenti
Capo IV
Ammortizzatori sociali, tutele in costanza di rapporto di lavoro e protezione dei lavoratori anziani
Sezione I – Ammortizzatori sociali
Sezione II – Tutele in costanza di rapporto di lavoro
Sezione III – Interventi in favore dei lavoratori anziani e incentivi all’occupazione
Capo V
Ulteriori disposizioni in materia di mercato del lavoro
Capo VI
Politiche attive e servizi per l’impiego
Capo VII
Apprendimento permanente
Capo VIII
Copertura finanziaria

Capo I
Disposizioni generali
Art. 1
(Finalità del provvedimento e sistema di monitoraggio e valutazione)
1. La presente legge dispone misure e interventi intesi a realizzare un mercato del lavoro inclusivo e dinamico, in grado di contribuire alla creazione di occupazione, in quantità e qualità, alla crescita sociale ed economica e alla riduzione permanente del tasso di disoccupazione, in particolare:
a)
favorendo l’instaurazione di rapporti di lavoro più stabili e ribadendo il rilievo prioritario del lavoro subordinato a tempo indeterminato quale forma comune di rapporto di lavoro (c.d. “contratto dominante”);
b)
valorizzando l’apprendistato come modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro;
c)
ridistribuendo in modo più equo le tutele dell’impiego, da un lato, contrastando l’uso improprio e strumentale degli elementi di flessibilità progressivamente introdotti nell’ordinamento con riguardo alle tipologie contrattuali; dall’altro, adeguando contestualmente alle esigenze del mutato contesto di riferimento la disciplina del licenziamento, con previsione, altresì, di un procedimento giudiziario specifico per accelerare la definizione delle relative controversie;
d)
rendendo più efficiente, coerente ed equo l’assetto degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive in una prospettiva di universalizzazione e di rafforzamento dell’occupabilità delle persone;
e)
contrastando usi elusivi di obblighi contributivi e fiscali degli istituti contrattuali esistenti;
f)
promuovendo una maggiore inclusione delle donne nella vita economica e favorendo nuove opportunità di impiego ovvero di tutela del reddito per i lavoratori ultracinquantenni in caso di perdita del posto di lavoro.
2. Al fine di monitorare lo stato di attuazione degli interventi e delle misure di cui alla presente legge e di valutarne gli effetti sull’efficienza del mercato del lavoro, sull’occupabilità dei cittadini, sulle modalità di entrata e di uscita nell’impiego, è istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in concorso con le altre Istituzioni competenti, un sistema permanente di monitoraggio e valutazione. Al sistema concorrono, altresì, le parti sociali attraverso la partecipazione delle organizzazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale dei datori di lavoro e dei lavoratori.
3. Il sistema assicura, con cadenza almeno annuale, rapporti sullo stato di attuazione delle singole misure, sulle conseguenze in termini micro e macroeconomici, nonché sul grado di effettivo conseguimento delle finalità di cui al comma 1. Dagli esiti del monitoraggio e della valutazione di cui al presente articolo, sono desunti elementi per l’implementazione ovvero per eventuali correzioni delle misure e degli interventi introdotti dalla presente legge, anche alla luce dell’evoluzione del quadro macroeconomico, degli andamenti produttivi, delle dinamiche del mercato del lavoro e, più in generale, di quelle sociali.
4. Allo scopo di assicurare il monitoraggio e la valutazione indipendenti della riforma, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale (Inps) organizza una banca dati informatizzata anonima, rendendola disponibile, a scopo di ricerca scientifica, a gruppi di ricerca collegati ad Università, enti di ricerca o enti anche finalità di ricerca italiani ed esteri. I risultati delle ricerche condotte mediante l’utilizzo della banca dati dovranno essere resi pubblici e comunicati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
5. La banca dati di cui al comma 4 contiene i dati individuali anonimi, relativi all’età, genere, area di residenza, periodi di fruizione degli ammortizzatori sociali con relativa durata ed importi corrisposti, periodi lavorativi e retribuzione spettante, stato di disoccupazione, politiche attive e di attivazione ricevute.
6. L’attuazione delle disposizioni del presente articolo non può comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, in quanto la stessa è effettuata con le risorse finanziarie, umane e strumentali previste a legislazione vigente.

Art. 2
(Rapporti di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni)
1. Le disposizioni della presente legge, per quanto da esse non espressamente previsto, costituiscono principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in coerenza con quanto disposto dall’articolo 2, comma 2 del medesimo decreto legislativo.
2. A tal fine il Ministro per la Pubblica Amministrazione e per la semplificazione, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle Amministrazioni pubbliche, individua e definisce, anche mediante iniziative normative, gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle Amministrazioni pubbliche.

Capo II
Tipologie contrattuali
Art. 3
(Contratti a tempo determinato)
1. Al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, sono apportate le seguenti modifiche:
a)
all’articolo 1, il comma 01 è sostituito dal seguente: “Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro”;
b)
all’articolo 1, dopo il comma 1, è inserito il seguente: “1-bis. Il requisito di cui al comma 1 non è richiesto nell’ipotesi del primo rapporto a tempo determinato di durata non superiore a sei mesi, concluso fra un datore di lavoro o utilizzatore e un lavoratore, per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, sia nella forma del contratto a tempo determinato, sia nel caso di prima missione di un lavoratore nell’ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato ai sensi del comma 4 dell’articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276”;
c)
all’articolo 1, comma 2, le parole “le ragioni di cui al comma 1” sono sostituite dalle seguenti: “le ragioni di cui al comma 1, fatto salvo quanto previsto dal comma 1-bis relativamente alla non operatività del requisito della sussistenza di ragioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo”;
d)
all’articolo 4, dopo il comma 2 è inserito il seguente: “2-bis. Il contratto a tempo determinato di cui all’articolo 1, comma 1-bis del presente decreto non può essere oggetto di proroga”;
e)
all’articolo 5, comma 2, le parole “oltre il ventesimo giorno” sono sostituite dalle seguenti: “oltre il trentesimo giorno” e le parole “oltre il trentesimo giorno” sono sostituite dalle seguenti: “oltre il cinquantesimo giorno”;
f)
all’articolo 5, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente: “2-bis. Nelle ipotesi di cui al comma 2, il datore di lavoro ha l’onere di comunicare al Centro per l’impiego territorialmente competente, entro la scadenza del termine inizialmente fissato, che il rapporto continuerà oltre tale termine, indicando altresì la durata della prosecuzione. Le modalità di comunicazione sono fissate con decreto di natura non regolamentare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.”;
g)
all’articolo 5, comma 3, le parole “dieci giorni” sono sostituite dalle seguenti: “sessanta giorni” e le parole “venti giorni” sono sostituite dalle seguenti: “novanta giorni”;
h)
all’articolo 5, comma 4-bis, al primo periodo, in fine, sono aggiunte le seguenti parole: “; ai fini del computo del periodo massimo di trentasei mesi si tiene altresì conto dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni equivalenti, svolti fra i medesimi soggetti, ai sensi del comma 1-bis dell’articolo 1 e dei commi 3 e 4 dell’articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276”.
2. Al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono apportate le seguenti modifiche:
a)
al comma 4 dell’articolo 20, dopo il primo periodo è inserito il seguente: “E’ fatta salva la previsione di cui al comma 1-bis dell’articolo 1 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368.”;
b)
all’articolo 23, il comma 2 è abrogato.

3. Alla legge 4 novembre 2010, n. 183, sono apportate le seguenti modificazioni:
a)
all’articolo 32, comma 3, la lettera a) è sostituita dalla seguente: “ai licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla nullità del termine apposto al contratto di lavoro, ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368. Laddove si faccia questione della nullità del termine apposto al contratto, il termine di cui al comma 1 del predetto articolo 6, che decorre dalla cessazione del medesimo contratto, è fissato in 120 giorni, mentre il termine di cui al secondo comma del medesimo articolo 6 è fissato in 180 giorni”;
b)
all’articolo 32, comma 3, la lettera d) è abrogata.
4. Le disposizioni di cui al comma 3, lettera a), dell’articolo 32 della legge 4 novembre 2010, n. 183, come modificate dal comma 3 del presente articolo, trovano applicazione in relazione alle cessazioni di contratti a tempo determinato verificatesi a decorrere dal 1° gennaio 2013.
5. La disposizione di cui al comma 5 dell’articolo 32 della legge 4 novembre 2010, n. 183, si interpreta nel senso che l’indennità ivi prevista ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, ivi comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro.

Art. 4
(Contratto di inserimento)
1. Gli articoli 54, 55, 56, 57, 58 e 59 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, sono abrogati.
2. Nei confronti delle assunzioni effettuate fino al 31 dicembre 2012, continuano a trovare applicazione le disposizioni di cui al comma 1, nella formulazione vigente anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 5
(Apprendistato)
1. Al decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, sono apportate le seguenti modifiche:
a) all’articolo 2, comma 1, dopo la lettera a) è inserita la seguente: “a-bis) previsione di una durata minima del contratto, non inferiore a sei mesi, fatto salvo quanto previsto dall’art. 4, comma 5, del presente decreto legislativo;”;
b) all’articolo 2, comma 1, lettera m), al primo periodo le parole: “2118 del codice civile.” sono sostituite dalle seguenti: “2118 del codice civile; nel periodo di preavviso continua a trovare applicazione la disciplina del contratto di apprendistato.”;
c) all’articolo 2, il comma 3 è sostituito dal seguente, esclusivamente con riferimento alle assunzioni decorrenti dal 1° gennaio 2013: “3. Il numero complessivo di apprendisti che un datore di lavoro può assumere, direttamente o indirettamente per il tramite delle agenzie di somministrazione di lavoro ai sensi dell’articolo 20, commi 3 e 4, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, non può superare il rapporto di 3 a 2 rispetto alle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso il medesimo datore di lavoro. Il datore di lavoro che non abbia alle proprie dipendenze lavoratori qualificati o specializzati, o che comunque ne abbia in numero inferiori a tre, può assumere apprendisti in numero non superiore a tre. Le disposizioni di cui al presente comma non si applica alle imprese artigiane per le quali trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 4 della legge 8 agosto 1985, n. 443.
d) all’articolo 2, dopo il comma 3 è inserito il seguente: “3-bis. L’assunzione di nuovi apprendisti è subordinata alla prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato, nei trentasei mesi precedenti la nuova assunzione, di almeno il cinquanta per cento degli apprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro. Dal computo della predetta percentuale sono esclusi i rapporti cessati per recesso durante il periodo di prova, per dimissioni o per licenziamento per giusta causa. Gli apprendisti assunti in violazione dei limiti di cui al presente comma sono considerati lavoratori subordinati a tempo indeterminato, al di fuori delle previsioni del presente decreto, sin dalla data di costituzione del rapporto.”
3. Per un periodo di trentasei mesi decorrente dalla data di entrata in vigore della presente legge, la percentuale di cui al primo periodo del comma 3-bis dell’articolo 2 del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167 è fissata nella misura del trenta per cento.

Art. 6
(Lavoro a tempo parziale)
1. All’articolo 3 del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, sono apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 7, dopo il n. 3, è aggiunto il seguente:
“4) condizioni e modalità che consentono al lavoratore di richiedere la eliminazione ovvero la modifica delle clausole flessibili e delle clausole elastiche stabilite ai sensi del presente comma.”.
b) al comma 9, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:
“Ferme restando le ulteriori condizioni individuate dai contratti collettivi ai sensi del comma 7, al lavoratore che si trovi nelle condizioni di cui all’articolo 12-bis ovvero in quelle di cui all’articolo 10, primo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, è riconosciuta la facoltà di revocare il predetto consenso.”.

Art. 7
(Lavoro intermittente)
1. Al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche:
a)
al medesimo articolo 34, il comma 2 è abrogato;
b)
all’articolo 35 è aggiunto, in fine, il seguente comma: “3-bis. Prima dell’inizio della prestazione lavorativa il datore di lavoro è tenuto a comunicarne la durata con modalità semplificate alla Direzione territoriale del lavoro competente per territorio, mediante fax o posta elettronica certificata. Con decreto di natura non regolamentare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, da adottarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate ulteriori modalità semplificate di comunicazione. In caso di violazione degli obblighi di cui al presente comma trova applicazione la sanzione amministrativa da euro 1.000 ad euro 6.000 in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione. Non trova applicazione la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124.”;
c)
gli articoli 37 e 40 sono abrogati.
2. I contratti di lavoro intermittente già sottoscritti alla data di entrata in vigore della presente legge, che non siano compatibili con le disposizioni di cui al presente articolo, cessano di produrre effetti decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 8
(Lavoro a progetto)
1. Al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono apportate le seguenti modifiche:
a) il comma 1 dell’articolo 61 è sostituito dal seguente:
“1. Ferma restando la disciplina degli agenti e rappresentanti di commercio, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa prevalentemente personale senza vincolo di subordinazione, di cui all’articolo 409 n. 3, del codice di procedura civile, devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore. Il progetto deve essere funzionalmente collegato a un determinato risultato finale e non può consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente, avuto riguardo al coordinamento con l’organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa. Il progetto non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi, che possono essere individuate dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.”;
b) al comma 1 dell’articolo 62, la lettera b) è sostituita dalla seguente:
“b) descrizione del progetto, con individuazione del suo contenuto caratterizzante e del risultato finale che si intende conseguire”;
c) al comma 1 dell’articolo 67, le parole: “o del programma o della fase di esso” sono soppresse;
d) il comma 2 dell’articolo 67 è sostituito dal seguente:
“2. Le parti possono recedere prima della scadenza del termine per giusta causa. Il committente può altresì recedere prima della scadenza del termine anche qualora siano emersi profili di inidoneità professionale del collaboratore tali da rendere impossibile la realizzazione del progetto. Il collaboratore può recedere prima della scadenza del termine, dandone preavviso, nel caso che tale facoltà sia prevista nel contratto individuale di lavoro.”;
e) all’articolo 68 e all’articolo 69, comma 1, le parole: “programma di lavoro o fase di esso” sono soppresse;
f) al comma 2 dell’articolo 69, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Salvo prova contraria a carico del committente, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, sono considerati rapporti di lavoro subordinato sin dalla data di costituzione del rapporto, nel caso in cui l’attività del collaboratore sia svolta con modalità analoghe a quella svolta dai lavoratori dipendenti dell’impresa committente, fatte salve le prestazioni di elevata professionalità che possono essere individuate dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.”;
2. L’articolo 69, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, si interpreta nel senso che l’individuazione di uno specifico progetto costituisce elemento essenziale di validità del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, la cui mancanza determina la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
3. Le disposizioni di cui al presente articolo trovano applicazione per i contratti di collaborazione stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 9
(Altre prestazioni lavorative rese in regime di lavoro autonomo)
1. Al Capo I, Titolo VII, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, dopo l’articolo 69 è aggiunto il seguente:
“Articolo 69-bis.
(Altre prestazioni lavorative rese in regime di lavoro autonomo)
1. Le prestazioni lavorative rese da persona titolare di posizione fiscale ai fini dell’imposta sul valore aggiunto sono considerate, salvo che sia fornita prova contraria da parte del committente, rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, qualora ricorrano almeno due dei seguenti presupposti:
a)
che la collaborazione abbia una durata complessivamente superiore ad almeno sei mesi nell’arco dell’anno solare;
b)
che il corrispettivo derivante da tale collaborazione, anche se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo centro d’imputazione di interessi, costituisca più del settantacinque per cento dei corrispettivi complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco dello stesso anno solare;
c)
che il collaboratore disponga di una postazione di lavoro presso una delle sedi del committente.
2. La presunzione di cui al comma 1, che determina l’integrale applicazione della disciplina del presente Capo, ivi compresa la disposizione dell’articolo 69, comma 1, trova applicazione con riferimento ai rapporti instaurati successivamente all’entrata in vigore della presente disposizione. Per i rapporti in corso a tale data, al fine di consentire gli opportuni adeguamenti, le predette disposizioni si applicano decorsi dodici mesi dall’entrata in vigore della presente legge.
3. Quando la prestazione lavorativa di cui al comma 1 si configura come collaborazione coordinata e continuativa, gli oneri contributivi derivanti dall’obbligo di iscrizione alla gestione separata dell’Inps in forza dell’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, sono a carico per due terzi del committente e per un terzo del collaboratore, il quale, nel caso in cui la legge gli imponga l’assolvimento dei relativi obblighi di pagamento, avrà il relativo diritto di rivalsa nei confronti del committente.”.
4. La disposizione di cui alla prima parte del primo periodo del comma 3 dell’articolo 61 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, si interpreta nel senso che l’esclusione dal campo di applicazione del Capo I del Titolo VII del medesimo decreto riguarda le sole collaborazioni coordinate e continuative il cui contenuto concreto sia riconducibile alle attività professionali intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali. In caso contrario, l’iscrizione del collaboratore ad albi professionali non è circostanza idonea di per sé a determinare l’esclusione dal campo di applicazione del presente Capo.

Art. 10
(Associazione in partecipazione con apporto di lavoro)
1. All’articolo 2549 del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:
“Qualora il conferimento dell’associato consista anche in una prestazione di lavoro, il numero degli associati impegnati in una medesima attività non può essere superiore a tre, indipendentemente dal numero degli associanti, con l’unica eccezione in cui gli associati siano legati da rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo. In caso di violazione del divieto di cui al presente comma, il rapporto con tutti gli associati si considera di lavoro subordinato a tempo indeterminato.”.
2. I rapporti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro instaurati o attuati senza che vi sia stata un’effettiva partecipazione dell’associato agli utili dell’impresa o dell’affare, ovvero senza consegna del rendiconto previsto dall’articolo 2552 del codice civile, si presumono, salva prova contraria, rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
3. L’articolo 86, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, è abrogato.

Art. 11
(Lavoro accessorio)
1. Al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono apportate le seguenti modifiche:
a)
l’articolo 70 è sostituito dal seguente:
“Articolo 70
(Definizione e campo di applicazione)
1. Per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative di natura meramente occasionale che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 5.000 euro nel corso di un anno solare, annualmente rivalutati sulla base della variazione annuale dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati intercorsa nell’anno precedente. Sono escluse dal ricorso al lavoro accessorio le prestazioni rese nei confronti di committenti imprenditori commerciali o professionisti.
2. Le prestazioni di cui al comma 1 possono comunque essere rese nell’ambito di attività agricole di carattere stagionale svolte anche in forma imprenditoriale.
3. Il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio da parte di un committente pubblico è consentito nel rispetto dei vincoli previsti dalla vigente disciplina in materia di contenimento delle spese di personale e, ove previsto, dal patto di stabilità interno.
4. I compensi percepiti dal lavoratore secondo le modalità di cui all’articolo 72 sono computati ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno.”
b)
all’articolo 72, comma 4, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, dopo il primo periodo è aggiunto il seguente:
“La percentuale relativa al versamento dei contributi previdenziali è rideterminata con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali in funzione degli incrementi delle aliquote contributive per gli iscritti alla gestione separata dell’Inps.”.
2. Resta fermo l’utilizzo, secondo la previgente disciplina, dei buoni già richiesti al momento dell’entrata in vigore della presente legge e comunque non oltre il 31 maggio 2013.

Art. 12
(Tirocini formativi)
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con le modalità di cui al comma 90 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247, e successive modificazioni, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, d’intesa con la Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, uno o più decreti legislativi finalizzati ad individuare principi fondamentali e requisiti minimi dei tirocini formativi e di orientamento, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a)
revisione della disciplina dei tirocini formativi, anche in relazione alla valorizzazione di altre forme contrattuali a contenuto formativo;
b)
previsione di azioni e interventi volti a prevenire e contrastare un uso distorto dell’istituto, anche attraverso la puntuale individuazione delle modalità con cui il tirocinante presta la propria attività;
c)
individuazione degli elementi qualificanti del tirocinio e degli effetti conseguenti alla loro assenza, anche attraverso la previsione di sanzioni amministrative, in misura variabile da mille a seimila euro, in conformità alle disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689;
d)
previsione di non assoluta gratuità del tirocinio, attraverso il riconoscimento di una indennità, anche in forma forfetaria, in relazione alla prestazione svolta.

Capo III
Disciplina in tema di flessibilità in uscita e tutele del lavoratore
Sezione I – Disposizioni in materia di licenziamenti individuali
Art. 13
(Modifiche alla legge 15 luglio 1966, n. 604)
1.
Il secondo comma dell’articolo 2, della legge 15 luglio 1966, n. 604, è sostituito dal seguente: “La comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato.”.
2.
Al secondo comma dell’articolo 6, della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dall’articolo 32, comma 1, della legge 4 novembre 2010, n. 183, la parola “duecentosettanta” è sostituita dalla seguente: “centottanta”.
3.
Il termine di cui al comma 2 trova applicazione in relazione ai licenziamenti intimati dopo la data di entrata in vigore della presente legge.
4. L’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, è sostituito dal seguente:
“Ferma l’applicabilità, per il licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo, dell’articolo 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo di cui all’articolo 3, seconda parte, della legge 15 luglio 1966, n. 604, qualora disposto da un datore di lavoro avente i requisiti dimensionali di cui all’articolo 18, nono comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dalla legge recante “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita’, deve essere preceduto da una comunicazione effettuata dal datore di lavoro alla Direzione territoriale del lavoro del luogo dove il lavoratore presta la sua opera, e trasmessa per conoscenza al lavoratore.
Nella comunicazione di cui al primo comma, il datore di lavoro deve dichiarare l’intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo e indicare i motivi del licenziamento medesimo nonché le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato.
La Direzione territoriale del lavoro convoca il datore di lavoro e il lavoratore nel termine perentorio di sette giorni dalla ricezione della richiesta: l’incontro si svolge dinanzi alla Commissione provinciale di conciliazione di cui all’articolo 410 del codice di procedura civile.
Le parti possono essere assistite dalle organizzazioni di rappresentanza cui sono iscritte o conferiscono mandato oppure da un componente della rappresentanza sindacale dei lavoratori, ovvero da un avvocato o un consulente del lavoro.
La procedura di cui al presente articolo, durante la quale le parti, con la partecipazione attiva della Commissione di cui al comma 3, procedono ad esaminare anche soluzioni alternative al recesso, si conclude entro venti giorni dal momento in cui la Direzione territoriale del lavoro ha trasmesso la convocazione per l’incontro, fatta salva l’ipotesi in cui le parti, di comune avviso, non ritengano di proseguire la discussione finalizzata al raggiungimento di un accordo. Se fallisce il tentativo di conciliazione e, comunque, decorso il termine di cui al comma 3, il datore di lavoro può comunicare il licenziamento al lavoratore.
Se la conciliazione ha esito positivo e prevede la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, trova applicazione l’articolo 23, comma 2, della legge recante “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita” e può essere previsto, al fine di favorirne la

ricollocazione professionale, l’affidamento del lavoratore ad un’agenzia di cui all’articolo 4, primo comma, lettere a) e b), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
Il comportamento complessivo delle parti, desumibile anche dal verbale redatto in sede di Commissione provinciale di conciliazione e dalla proposta conciliativa avanzata dalla stessa, è valutato dal giudice per la determinazione dell’indennità risarcitoria di cui all’articolo 18, comma ottavo, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e per l’applicazione degli articoli 91 e 92 del codice di procedura civile.”.

Art. 14
(Tutele del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo)
1. All’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300 sono apportate le seguenti modifiche:
a) la rubrica è sostituita con la seguente: “Tutela del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo”;
b) i commi dal primo al sesto sono sostituiti dai seguenti:
“Il giudice, con la sentenza con la quale dichiara la nullità del licenziamento perché discriminatorio ai sensi dell’articolo 3 della legge 11 maggio 1990, n. 108, ovvero intimato in concomitanza col matrimonio ai sensi dell’articolo 35 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o in violazione dei divieti di licenziamento di cui all’articolo 54, commi 1, 6, 7 e 9, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, ovvero perché riconducibile ad altri casi di nullità previsti dalla legge o determinato da un motivo illecito determinante ai sensi dell’articolo 1345 del codice civile, ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto e quale che sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro. La presente disposizione si applica anche ai dirigenti. A seguito dell’ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall’invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l’indennità di cui al terzo comma del presente articolo. Il regime di cui al presente articolo si applica anche al licenziamento dichiarato inefficace perché intimato in forma orale.
Il giudice, con la sentenza di cui al primo comma, condanna altresì il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata la nullità, stabilendo a tal fine un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato inoltre, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.
Fermo restando il diritto al risarcimento del danno come previsto al secondo comma, al lavoratore è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un’indennità pari a quindici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La richiesta dell’indennità deve essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza, o dall’invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione.
Il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, perché il fatto contestato non sussiste o il lavoratore non lo ha commesso ovvero perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle tipizzazioni di giustificato motivo soggettivo e di giusta causa previste dai contratti collettivi applicabili, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro di cui al primo comma e al pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore ha percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni caso la misura dell’indennità risarcitoria non potrà essere superiore a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione, per un importo pari al differenziale contributivo esistente tra la contribuzione che sarebbe stata maturata nel rapporto di lavoro risolto dall’illegittimo licenziamento e quella accreditata al lavoratore in conseguenza dello svolgimento di altre attività lavorative. In quest’ultimo caso, qualora i contributi afferiscano ad altra gestione previdenziale, essi sono imputati d’ufficio alla gestione corrispondente all’attività lavorativa svolta dal dipendente licenziato, con addebito dei relativi costi al datore di lavoro. A seguito dell’ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall’invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l’indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro ai sensi del terzo comma.
Il giudice, nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all’anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell’attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo.
Nell’ipotesi in cui il licenziamento sia dichiarato inefficace per violazione del requisito di motivazione di cui all’articolo 2, secondo comma, della legge 15 luglio 1966, n. 604, della procedura di cui all’articolo 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300, o della procedura di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, si applica il regime di cui al quinto comma, ma con attribuzione al lavoratore di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata, in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro, tra un minimo di sei e un massimo di dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, con onere di specifica motivazione a tale riguardo, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti che vi è anche un difetto di giustificazione del licenziamento, nel qual caso applica, in luogo di quelle previste dal presente comma, le tutele di cui ai commi quarto, quinto o sesto.
Il giudice applica la medesima disciplina di cui al quarto comma del presente articolo nell’ipotesi in cui accerti il difetto di giustificazione del licenziamento intimato, anche ai sensi dell’articolo 4, comma 4, e 10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68, per motivo oggettivo consistente nell’inidoneità fisica o psichica del lavoratore, ovvero che il licenziamento è stato intimato in violazione dell’articolo 2110, secondo comma, del codice civile. Può altresì applicare la predetta disciplina nell’ipotesi in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustifico motivo oggettivo; nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del predetto giustificato motivo, il giudice applica la disciplina di cui al quinto comma. In tale ultimo caso il giudice, ai fini della determinazione dell’indennità tra il minimo e il massimo previsti, tiene conto, oltre ai criteri di cui al sesto comma, delle iniziative assunte dal lavoratore per la ricerca di una nuova occupazione e del comportamento delle parti nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604. Qualora, nel corso del giudizio, sulla base della domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento risulti determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, trovano applicazione le relative tutele previste dal presente articolo.

Le disposizioni dal comma quarto al comma settimo si applicano al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici lavoratori o più di cinque se trattasi di imprenditore agricolo, nonché al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che nell’ambito dello stesso comune occupa più di quindici dipendenti ed all’impresa agricola che nel medesimo ambito territoriale occupa più di cinque dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa più di sessanta dipendenti.
Ai fini del computo del numero dei dipendenti di cui all’ottavo comma si tiene conto dei lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato parziale per la quota di orario effettivamente svolto, tenendo conto, a tale proposito, che il computo delle unità lavorative fa riferimento all’orario previsto dalla contrattazione collettiva del settore. Non si computano il coniuge ed i parenti del datore di lavoro entro il secondo grado in linea diretta e in linea collaterale. Il computo dei limiti occupazionali di cui al nono comma non incide su norme o istituti che prevedono agevolazioni finanziarie o creditizie.
Nell’ipotesi di revoca del licenziamento, purché effettuata entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro dell’impugnazione del medesimo, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca, e non trovano applicazione i regimi sanzionatori previsti dal presente articolo.”.
2. Alla legge 4 novembre 2010, n. 183, articolo 30, comma 1, in fine, è aggiunto il seguente periodo: “L’inosservanza delle disposizioni di cui al precedente periodo, in materia di limiti al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro, costituisce motivo di impugnazione per violazione di norme di diritto”.

Sezione II – Disposizioni in materia di licenziamenti collettivi
Art. 15
(Modifiche alla legge 23 luglio 1991, n. 223)
1. All’articolo 4, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223, al secondo periodo, la parola: “Contestualmente” è sostituita dalle seguenti: “Entro sette giorni dalla comunicazione dei recessi”.
2. All’articolo 4, comma 12, della legge 23 luglio 1991, n. 223, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Gli eventuali vizi della comunicazione di cui al comma 2 del presente articolo possono essere sanati, ad ogni effetto di legge, nell’ambito di un accordo sindacale concluso nel corso della procedura di licenziamento collettivo”.
3. L’articolo 5, comma 3, della legge 23 luglio 1991, n. 223, è sostituito dal seguente: “Qualora il licenziamento sia intimato senza l’osservanza della forma scritta, si applica il regime sanzionatorio di cui all’art. 18, primo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300. In caso di violazione delle procedure richiamate all’art. 4, comma 12, si applica il regime di cui al settimo comma del predetto articolo 18. In caso di violazione dei criteri di scelta previsti dal comma 1, si applica il regime di cui al quarto comma del medesimo articolo 18. Ai fini dell’impugnazione del licenziamento trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604”.

Sezione III – Rito speciale per le controversie in tema di licenziamenti
Art. 16
(Ambito di applicazione)
1.
Le disposizioni della presente sezione si applicano alle controversie aventi ad oggetto l’impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi regolate dall’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300 e successive modificazioni, anche quando devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro.

Art. 17
(Tutela urgente)
1.
La domanda si propone con ricorso al Tribunale in funzione di giudice del lavoro. Il ricorso deve avere i requisiti di cui all’articolo 125 del codice di procedura civile. Con il ricorso non possono essere proposte domande diverse da quelle di cui all’articolo 16, salvo che siano fondate sugli identici fatti costitutivi. A seguito della presentazione del ricorso il giudice fissa l’udienza di comparizione delle parti, con decreto da notificarsi a cura del ricorrente, anche a mezzo di posta elettronica certificata.
2.
L’udienza di comparizione deve essere fissata non oltre trenta giorni dal deposito del ricorso. Il giudice, sentite le parti e omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili richiesti dalle parti o disposti d’ufficio e provvede, con ordinanza immediatamente esecutiva, all’accoglimento o al rigetto della domanda.
3.
L’efficacia esecutiva del provvedimento di cui al comma 2 non può essere sospesa o revocata fino alla pronuncia della sentenza con cui il giudice definisce il giudizio instaurato ai sensi dell’articolo 18.

Art. 18
(Opposizione)
1.
Contro l’ordinanza di accoglimento o di rigetto di cui all’articolo 17, comma 2, può essere proposta opposizione con ricorso contenente i requisiti di cui all’articolo 414 del codice di procedura civile, da depositare innanzi al Tribunale che ha emesso il provvedimento opposto entro trenta giorni dalla notificazione dello stesso, o dalla comunicazione se anteriore. Con il ricorso non possono essere proposte domande diverse da quelle di cui all’articolo 16, salvo che siano fondate sugli identici fatti costitutivi o siano svolte nei confronti di soggetti rispetto ai quali la causa è comune o dai quali si intende essere garantiti. Il giudice fissa con decreto l’udienza di discussione non oltre i successivi sessanta giorni, assegnando all’opposto termine per costituirsi fino a dieci giorni prima dell’udienza.
2.
Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, deve essere notificato, anche a mezzo di posta elettronica certificata, dall’opponente all’opposto almeno trenta giorni prima della data fissata per la sua costituzione.
3.
L’opposto deve costituirsi mediante deposito in cancelleria di memoria difensiva a norma e con le decadenze di cui all’articolo 416 del codice di procedura civile. Se l’opposto intende chiamare un terzo in causa deve, a pena di decadenza, farne dichiarazione nella memoria difensiva.
4.
Nel caso di chiamata in causa a norma degli articoli 102, secondo comma, 106 e 107 del codice di procedura civile, il giudice fissa una nuova udienza entro i successivi sessanta giorni, e dispone che siano notificati al terzo, ad opera delle parti, il provvedimento nonché il ricorso introduttivo e l’atto di costituzione dell’opposto, osservati i termini di cui al comma 2.
5.
Il terzo chiamato deve costituirsi non meno di dieci giorni prima dell’udienza fissata, depositando la propria memoria a norma del comma 3.
6.
Quando la causa relativa alla domanda riconvenzionale non è fondata su fatti costitutivi identici a quelli posti a base della domanda principale il giudice ne dispone la separazione.
7.
All’udienza, il giudice, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione ammissibili e rilevanti richiesti dalle parti nonché disposti d’ufficio, ai sensi dall’articolo 421 del codice di procedura civile, e provvede con sentenza all’accoglimento o al rigetto della domanda, dando, ove opportuno, termine alle parti per il deposito di note difensive fino a dieci giorni prima dell’udienza di discussione. La sentenza, completa di motivazione, deve essere depositata in cancelleria entro dieci giorni dall’udienza di discussione. La sentenza è provvisoriamente esecutiva e costituisce titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

Art. 19
(Reclamo e ricorso per cassazione)
1.
Contro la sentenza che decide sul ricorso è ammesso reclamo davanti alla Corte d’appello entro trenta giorni dalla comunicazione, o dalla notificazione se anteriore.
2.
Non sono ammessi nuovi mezzi di prova o documenti, salvo che il collegio, anche d’ufficio, li ritenga indispensabili ai fini della decisione ovvero la parte dimostri di non aver potuto proporli in primo grado per causa ad essa non imputabile.
3.
La Corte d’appello fissa con decreto l’udienza di discussione nei successivi sessanta giorni e si applicano i termini previsti dai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 18. Alla prima udienza, la Corte può sospendere l’efficacia della sentenza reclamata se ricorrono gravi motivi. La Corte d’appello, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione ammessi e provvede con sentenza all’accoglimento o al rigetto della domanda, dando, ove opportuno, termine alle parti per il deposito di note difensive fino a dieci giorni prima dell’udienza di discussione. La sentenza, completa di motivazione, deve essere depositata in cancelleria entro dieci giorni dall’udienza di discussione.
4.
In mancanza di comunicazione o notificazione della sentenza si applica l’articolo 327 del codice di procedura civile.
5.
Il ricorso per cassazione contro la sentenza deve essere proposto, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla comunicazione della stessa, o dalla notificazione se anteriore. La sospensione dell’efficacia della sentenza deve essere chiesta alla Corte d’appello, che provvede a norma del comma 3.
6.
La Corte fissa l’udienza di discussione non oltre sei mesi dalla proposizione del ricorso.
7.
In mancanza di comunicazione o notificazione della sentenza si applica l’articolo 327 del codice di procedura civile.

Art. 20
(Priorità nella trattazione delle controversie)
1.
Alla trattazione delle controversie regolate dagli articoli da 16 a 19 devono essere riservati particolari giorni nel calendario delle udienze.

Art. 21
(Disciplina transitoria)
1.
Gli articoli da 16 a 20 si applicano alle controversie instaurate successivamente all’entrata in vigore della presente legge.

Capo IV
Ammortizzatori sociali, tutele in costanza di rapporto di lavoro e protezione
dei lavoratori anziani
Sezione I – Ammortizzatori sociali
Art. 22
(Assicurazione Sociale per l’Impiego (ASpI) – Ambito di applicazione)
1.
A decorrere dal 1° gennaio 2013 e in relazione ai nuovi eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dalla predetta data è istituita, presso la Gestione delle Prestazioni Temporanee, di cui all’articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88, l’Assicurazione Sociale per l’Impiego (ASpI), con la funzione di fornire ai lavoratori, che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione, una indennità mensile di disoccupazione.
2.
Sono compresi nell’ambito di applicazione dell’ASpI tutti i lavoratori dipendenti, ivi compresi gli apprendisti e i soci lavoratori di cooperativa che abbiano stabilito, con la propria adesione o successivamente all’instaurazione del rapporto associativo, un rapporto di lavoro in forma subordinata, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 3 aprile 2001, n. 142, con esclusione dei dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
3.
Le disposizioni di cui alla presente sezione non si applicano nei confronti degli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato, per i quali trovano applicazione le norme di cui all’articolo 7, comma 1, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, e successive modificazioni, all’articolo 25 della legge 8 agosto 1972, n. 457, e all’articolo 7 della legge 16 febbraio 1977, n. 37, e all’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247.

Art. 23
(Requisiti)
1.
L’indennità di cui all’articolo 22 è riconosciuta ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e che presentino i seguenti requisiti:
a)
siano in stato di disoccupazione ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni;
b)
possano far valere almeno due anni di assicurazione e almeno un anno di contribuzione nel biennio precedente l’inizio del periodo di disoccupazione.
2.
Sono esclusi dalla fruizione dell’indennità di cui all’articolo 22 i lavoratori che siano cessati dal rapporto di lavoro per dimissioni o per risoluzione consensuale del rapporto, fatti salvi i casi in cui quest’ultima sia intervenuta nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604.

Art. 24
(Importo dell’indennità e contribuzione figurativa)
1.
L’indennità di cui all’articolo 22 è rapportata alla retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli ultimi due anni, comprensiva degli elementi continuativi e non continuativi e delle mensilità aggiuntive, divisa per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicata per il numero 4,33.
2.
L’indennità mensile è rapportata alla retribuzione mensile ed è pari al 75 per cento nei casi in cui la retribuzione mensile sia pari o inferiore nel 2013 all’importo di 1.180 euro mensili, annualmente rivalutato sulla base della variazione annuale dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati intercorsa nell’anno precedente; nei casi in cui la retribuzione mensile sia superiore al predetto importo l’indennità è pari al 75 per cento del predetto importo incrementata di una somma pari al 25 per cento del differenziale tra la retribuzione mensile e il predetto importo. L’indennità mensile non può in ogni caso superare l’importo mensile massimo di cui alla lettera b) dell’articolo 1, comma 2, della legge 13 agosto 1980, n. 427.
3.
All’indennità di cui all’articolo 22 non si applica il prelievo contributivo di cui all’articolo 26 della legge 28 febbraio 1986, n. 41.
4.
All’indennità di cui all’articolo 22 si applica una riduzione del 15 per cento dopo i primi sei mesi di fruizione. L’indennità medesima, ove dovuta, viene ulteriormente decurtata del 15 per cento dopo il dodicesimo mese di fruizione.
5.
Per i periodi di fruizione dell’indennità sono riconosciuti i contributi figurativi nella misura settimanale pari alla media delle retribuzioni imponibili ai fini previdenziali degli ultimi due anni. I contributi figurativi sono utili ai fini del diritto e della misura dei trattamenti pensionistici; essi non sono utili ai fini del conseguimento del diritto nei casi in cui la normativa richieda il computo della sola contribuzione effettivamente versata.

Art. 25
(Durata)
1.
A decorrere dal 1° gennaio 2016 e in relazione ai nuovi eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dalla predetta data:
a)
per i lavoratori di età inferiore a 55 anni, l’indennità di cui all’articolo 22 viene corrisposta per un periodo massimo di 12 mesi, detratti i periodi di indennità eventualmente fruiti, anche in relazione ai trattamenti brevi di cui all’articolo 28 (mini-ASpI);
b)
per i lavoratori di età pari o superiore ai 55 anni, l’indennità è corrisposta per un periodo massimo di 18 mesi, nei limiti delle settimane di contribuzione negli ultimi due anni, detratti i periodi di indennità eventualmente fruiti nel medesimo periodo in base all’articolo 23 ovvero all’articolo 28 della presente legge.

Art. 26
(Procedura)
1.
L’indennità di cui all’articolo 22 spetta dall’ottavo giorno successivo alla data di cessazione dell’ultimo rapporto di lavoro ovvero dal giorno successivo a quello in cui sia stata presentata la domanda.
2.
Per fruire dell’indennità i lavoratori aventi diritto debbono, a pena di decadenza, presentare apposita domanda, esclusivamente in via telematica, all’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, entro il termine di sessanta giorni dalla data di spettanza del trattamento.
3.
La fruizione dell’indennità è condizionata alla permanenza dello stato di disoccupazione di cui all’articolo 1, comma 2, lettera c) del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni.

Art. 27
(Nuova occupazione)
1.
In caso di nuova occupazione del soggetto assicurato con contratto di lavoro subordinato, l’indennità di cui all’articolo 22 è sospesa d’ufficio, sulla base delle comunicazioni obbligatorie di cui all’articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge 1 ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, e successive modificazioni, fino ad un massimo di sei mesi; al termine di un periodo di sospensione di durata inferiore a sei mesi l’indennità riprende a decorrere dal momento in cui era rimasta sospesa.
2.
Nei casi di sospensione, i periodi di contribuzione legati al nuovo rapporto di lavoro possono essere fatti valere ai fini di un nuovo trattamento nell’ambito dell’ASpI o della mini-ASpI.
3.
In caso di svolgimento di attività lavorativa in forma autonoma, dalla quale derivi un reddito inferiore al limite utile sai fini della conservazione dello stato di disoccupazione, il soggetto beneficiario deve informare l’Inps entro trenta giorni dall’inizio dell’attività, dichiarando il reddito annuo che prevede di trarre da tale attività. Il predetto Istituto provvede, qualora il reddito da lavoro autonomo sia inferiore al limite utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione, a ridurre il pagamento dell’indennità di un importo pari all’80 per cento dei proventi preventivati, rapportati al tempo intercorrente tra la data di inizio dell’attività e la data di fine dell’indennità o, se antecedente, la fine dell’anno. La riduzione di cui al periodo precedente viene conguagliata d’ufficio al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi; nei casi di esenzione dall’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi, viene richiesta al beneficiario una apposita autodichiarazione concernente i proventi ricavati dall’attività autonoma.
4.
Nei casi di cui al comma 3, la contribuzione Invalidità Vecchiaia Superstiti versata in relazione all’attività di lavoro autonomo non dà luogo ad accrediti contributivi e viene riversata alla Gestione delle Prestazioni Temporanee, di cui all’articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88.

Art. 28
(Assicurazione Sociale per l’Impiego. Trattamenti brevi (mini-ASpI))
1.
A decorrere dal 1° gennaio 2013, ai soggetti di cui al comma 2 dell’articolo 22, che non raggiungano il requisito contributivo di 52 settimane di contribuzione negli ultimi 2 anni, ma possano far valere almeno 13 settimane di contribuzione di attività lavorativa negli ultimi dodici mesi, per la quale siano stati versati o siano dovuti i contributi per la assicurazione obbligatoria, è liquidata una indennità di importo pari a quanto definito nell’articolo 24.
2.
L’indennità di cui al comma 1 è corrisposta mensilmente per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione nell’ultimo anno, detratti i periodi di indennità eventualmente fruiti nel periodo.
3.
All’indennità di cui al presente articolo si applicano le disposizioni di cui all’articolo 22, comma 3, e degli articoli 23, 24, 26 e 27.
4.
In caso di nuova occupazione del soggetto assicurato con contratto di lavoro subordinato, l’indennità è sospesa d’ufficio sulla base delle comunicazioni obbligatorie di cui all’articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge 1 ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, e successive modificazioni, fino ad un massimo di cinque giorni; al termine del periodo di sospensione l’indennità riprende a decorrere dal momento in cui era rimasta sospesa.
5.
Le prestazioni di cui all’articolo 7, comma 3, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, si considerano assorbite, con riferimento ai periodi lavorativi dell’anno 2012, nelle prestazioni della mini-ASpI liquidate a decorrere dal 1° gennaio 2013.

Art. 29
(Contribuzione di finanziamento)
1.
Con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2013, al finanziamento delle indennità di cui agli articoli da 22 a 28 concorre il contributo di cui all’articolo 12, comma 6, e 28, comma 1, della legge 3 giugno 1975, n. 160.
2.
Continuano a trovare applicazione, in relazione al contributo di cui al comma 1, le eventuali riduzioni derivanti dai provvedimenti di riduzione del costo del lavoro operate dall’articolo 120 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 e dall’articolo 1, comma 361, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, nonché le misure compensative di cui all’articolo 8 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.
3.
Per i lavoratori per i quali il contributo di cui al comma 1 non trovava applicazione, ed in particolare per i soci lavoratori delle cooperative di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 602, il contributo è decurtato della quota di riduzione di cui all’articolo 120 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 e all’articolo 1, comma 361, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, che non sia stata ancora applicata, a causa della mancata capienza delle aliquote vigenti, alla data di entrata in vigore delle citate leggi.
4.
Con effetto sui periodi contributivi di cui al comma 1, ai rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato si applica un contributo addizionale, a carico del datore di lavoro, pari all’1,4 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali.
5.
Il contributo addizionale di cui al comma 4 non si applica:
a)
ai lavoratori assunti a temine in sostituzione di lavoratori assenti;
b)
ai lavoratori assunti a termine per lo svolgimento delle attività stagionali di cui al D.P.R. 7 ottobre 1963, n. 1525 e successive modificazioni;
c)
agli apprendisti;
d)
ai lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
6.
Nei limiti delle ultime sei mensilità il contributo addizionale di cui al comma 4 è restituito, successivamente al decorso del periodo di prova, al datore di lavoro in caso di trasformazione del contratto a tempo indeterminato. La restituzione avviene anche qualora il datore di lavoro assuma il lavoratore con contratto di lavoro a tempo indeterminato entro il termine di sei mesi dalla cessazione del precedente contratto a termine. In tale ultimo caso, la restituzione avviene detraendo dalle mensilità spettanti un numero di mensilità ragguagliato al periodo trascorso dalla cessazione del precedente rapporto di lavoro a termine.
7.
In tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per causa diversa dalle dimissioni, intervenuti a decorrere dal 1° gennaio 2013, è dovuta, a carico del datore di lavoro, una somma pari al cinquanta per cento del trattamento mensile iniziale di ASpI per ogni 12 mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni. Nel computo dell’anzianità aziendale sono compresi i periodi di lavoro con contratto diverso da quello a tempo determinato, se il rapporto è proseguito senza soluzione di continuità o se comunque si è dato luogo alla restituzione di cui al comma 4.
8.
Il contributo di cui al comma 7 è dovuto anche per le interruzioni dei rapporti di apprendistato diverse dalle dimissioni o dal recesso del lavoratore, ivi incluso il recesso del datore di lavoro ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera m) del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167.
9.
Il contributo di cui al comma 7 non è dovuto, fino al 31 dicembre 2016, nei casi in cui sia dovuto il contributo di cui all’articolo 5, comma 4, della legge 23 luglio 1991, n. 223.
10.
A decorrere dal 1° gennaio 2017, nei casi di licenziamento collettivo in cui la dichiarazione di eccedenza del personale di cui all’articolo 4, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223, non

abbia formato oggetto di accordo sindacale, il contributo di cui al comma 7 è moltiplicato per 3 volte.
11.
Al decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, è apportata la seguente modifica: con effetto dal 1° gennaio 2013 all’articolo 2, comma 2 è aggiunta la seguente lettera:
“f) assicurazione sociale per l’impiego in relazione alla quale, in via aggiuntiva a quanto previsto in relazione al regime contributivo per le assicurazioni di cui alle precedenti lettere ai sensi della disciplina di cui all’articolo 1, comma 773, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2013 è dovuta dai datori di lavoro per gli apprendisti artigiani e non artigiani una contribuzione pari all’1,31 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. Resta fermo che con riferimento a tale contribuzione non operano le disposizioni di cui all’articolo 22, comma 1, della legge 12 novembre 2011 , n. 183.”
12.
L’aliquota contributiva di cui al comma 11, di finanziamento dell’ASpI, non ha effetto nei confronti delle disposizioni agevolative che rimandano, per l’identificazione dell’aliquota applicabile, alla contribuzione nella misura prevista per gli apprendisti.
13.
All’articolo 1, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 602, dopo le parole: “provvidenze della gestione case per lavoratori” sono inserite le seguenti: “; Assicurazione Sociale per l’Impiego”.
14.
A decorrere dal 1° gennaio 2013 l’aliquota contributiva di cui all’articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 è ridotta al 2,6 per cento.

Art. 30
(Decadenza)
1.
Si decade dalla fruizione delle indennità di cui alla presente Sezione nei seguenti casi:
a)
perdita dello stato di disoccupazione;
b)
inizio di una attività in forma autonoma senza che il lavoratore effettui la comunicazione di cui all’articolo 27, comma 3;
c)
raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato;
d)
acquisizione del diritto a pensione o assegno ordinario di invalidità, sempre che il lavoratore non opti per l’indennità erogata dall’Assicurazione Sociale per l’Impiego.
2.
La decadenza si realizza dal momento in cui si verifica l’evento che la determina, con obbligo di restituire l’indennità che eventualmente si sia continuato a percepire.

Art. 31
(Contenzioso)
1. All’articolo 46, comma 1, della legge 9 marzo 1989, n. 88, dopo la lettera d) è inserita la seguente:
“d-bis) le prestazioni dell’Assicurazione Sociale per l’Impiego (ASpI)”.
2. Ai contributi di cui all’articolo 8 si applica la disposizione di cui all’articolo 26, comma 1, lettera e), della legge 9 marzo 1989, n. 88.

Art. 32
(Disposizioni transitorie relative alla durata)
1.
In relazione ai casi di cessazione dalla precedente occupazione intervenuti fino al 31 dicembre 2012, trovano applicazione le disposizioni in materia di indennità di disoccupazione ordinaria non agricola di cui all’articolo 19 del Regio Decreto Legge 14 aprile 1939, n. 636, convertito dalla legge 6 luglio 1939, n. 1272, e successive modificazioni.
2.
La durata massima legale, in relazione ai nuovi eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2015, è disciplinata nei seguenti termini:
a)
per le prestazioni relative agli eventi intercorsi nell’anno 2013: otto mesi per i soggetti con età anagrafica inferiore a cinquanta anni e dodici mesi per i soggetti con età anagrafica pari o superiore a cinquanta anni;
b)
per le prestazioni relative agli eventi intercorsi nell’anno 2014: otto mesi per i soggetti con età anagrafica inferiore a cinquanta anni, dodici mesi per i soggetti con età anagrafica pari o superiore a cinquanta anni e inferiore a cinquantacinque anni, quattordici mesi per i soggetti con età anagrafica pari o superiore a cinquantacinque anni, nei limiti delle settimane di contribuzione negli ultimi due anni,;
c)
per le prestazioni relative agli eventi intercorsi nell’anno 2015: dieci mesi per i soggetti con età anagrafica inferiore a cinquanta anni, dodici mesi per i soggetti con età anagrafica pari o superiore a cinquanta anni e inferiore a cinquantacinque anni, sedici mesi per i soggetti con età anagrafica pari o superiore a cinquantacinque anni, nei limiti delle settimane di contribuzione negli ultimi due anni.

Art. 33
(Disposizioni transitorie relative all’indennità di mobilità ed alle indennità speciali di disoccupazione in edilizia)
1.
Per i lavoratori collocati in mobilità a decorrere dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2016 ai sensi dell’articolo 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni e integrazioni il periodo massimo di diritto della relativa indennità di cui all’articolo 7, commi 1 e 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223 è ridefinito nei seguenti termini:
a)
lavoratori collocati in mobilità nel periodo dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2013:
i.
lavoratori di cui all’articolo 7, comma 1: dodici mesi, elevato a ventiquattro per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a trentasei per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni;
ii.
lavoratori di cui all’articolo 7, comma 2: ventiquattro mesi, elevato a trentasei per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a quarantotto per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni;
b)
lavoratori collocati in mobilità nel periodo dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2014:
i.
lavoratori di cui all’articolo 7, comma 1: dodici mesi, elevato a ventiquattro per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a trenta per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni;
ii.
lavoratori di cui all’articolo 7, comma 2: diciotto mesi, elevato a trenta per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a quarantadue per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni;
c)
lavoratori collocati in mobilità nel periodo dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015:
i.
lavoratori di cui all’articolo 7, comma 1: dodici mesi, elevato a diciotto per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a ventiquattro per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni;
ii.
lavoratori di cui all’articolo 7, comma 2: dodici mesi, elevato a ventiquattro per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a trentasei per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni;
d)
lavoratori collocati in mobilità nel periodo dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2016:
i.
lavoratori di cui all’articolo 7, comma 1: dodici mesi, elevato a diciotto per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni;
ii.
lavoratori di cui all’articolo 7, comma 2: dodici mesi, elevato a diciotto per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a ventiquattro per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni.

Art. 34
(Addizionale sui diritti d’imbarco)
1.
A decorrere dal 1° gennaio 2016 le maggiori somme derivanti dall’incremento dell’addizionale di cui all’articolo 6-quater, comma 2, del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, sono riversate alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno dell’Inps di cui all’articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88.
2.
All’articolo 6-quater del decreto legge 31 gennaio 2005 n. 7, convertito con modificazioni con legge 31 marzo 2005 n. 43, e successive modificazioni e integrazioni, sono apportate le seguenti modifiche:
a)
al comma 2, dopo le parole “è destinato” sono aggiunte le seguenti: “fino al 31 dicembre 2015”;
b)
dopo il comma 3, sono aggiunti i seguenti commi:
“4. La riscossione dell’incremento dell’addizionale comunale di cui al comma 2 avviene a cura dei gestori di servizi aeroportuali, con le modalità in uso per la riscossione dei diritti di imbarco. Il versamento da parte delle compagnie aeree avviene entro 90 giorni dalla fine del mese in cui sorge l’obbligo.
5. Le somme riscosse sono comunicate mensilmente all’Inps da parte dei gestori di servizi aeroportuali con le modalità stabilite dall’Istituto e riversate allo stesso Istituto, entro la fine del mese successivo a quello di riscossione, secondo le modalità previste dagli articoli 17 e seguenti del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni. Alle somme di cui al predetto comma 2 si applicano le disposizioni sanzionatorie e di riscossione previste dall’articolo 116, comma 8, lettera a), della legge 23 dicembre 2000, n. 388, per i contributi previdenziali obbligatori.
6. La comunicazione di cui al comma 5 costituisce accertamento del credito e dà titolo, in caso di mancato versamento, ad attivare la riscossione coattiva, secondo le modalità previste dall’art. 30 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 e successive modifiche e integrazioni.
3.
I soggetti tenuti alla riscossione trattengono, a titolo di ristoro per le spese di riscossione e comunicazione, una somma pari allo 0,25% del gettito totale. In caso di inadempienza rispetto agli obblighi di comunicazione si applica una sanzione amministrativa da euro 2.000 ad euro 12.000. L’Inps provvede all’accertamento delle inadempienze e all’irrogazione delle conseguenti sanzioni. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689.
4. All’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:
“i) alle somme che i soggetti tenuti alla riscossione dell’incremento all’addizionale comunale debbono riversare all’Inps, ai sensi dell’articolo 6-quater del decreto legge 31 gennaio 2005 n. 7, convertito, con modificazioni, con legge 31 marzo 2005 n. 43, e successive modificazioni e integrazioni.”

Art. 35
(Indennità una tantum per i collaboratori coordinati e continuativi disoccupati)
1.
A decorrere dall’anno 2013, nei limiti delle risorse di cui al comma 1 dell’articolo 19 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, è riconosciuta una indennità ai collaboratori coordinati e continuativi di cui all’articolo 61, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata presso l’Inps di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, con esclusione dei soggetti individuati dall’articolo 1, comma 212, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, i quali soddisfino in via congiunta le seguenti condizioni:
a)
abbiano operato, nel corso dell’anno precedente, in regime di monocommittenza;
b)
abbiano conseguito l’anno precedente un reddito lordo complessivo soggetto a imposizione fiscale non superiore al limite di 20.000 euro, annualmente rivalutato sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati intervenuta l’anno precedente;
c)
con riguardo all’anno di riferimento sia accreditato, presso la predetta Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, un numero di mensilità non inferiore a uno;
d)
abbiano avuto un periodo di disoccupazione ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, ininterrotta di almeno due mesi nell’anno precedente;
e)
risultino accreditate nell’anno precedente almeno quattro mensilità presso la predetta Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995.
2.
L’indennità è pari a una somma del 5 per cento del minimale annuo di reddito di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 3 agosto 1990, n. 233, moltiplicato per il minor numero tra le mensilità accreditate l’anno precedente e quelle non coperte da contribuzione.
3.
La somma di cui al comma 2 è liquidata in un’unica soluzione se di importo pari o inferiore a 1.000 euro, ovvero in importi mensili di importo pari o inferiore a 1.000 euro se superiore.
4.
Restano fermi i requisiti di accesso e la misura del trattamento vigenti alla data del 31 dicembre 2012 per coloro che hanno maturato il diritto entro tale data ai sensi dell’articolo 19, comma 2 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni, con legge 28 gennaio 2009, n. 2.
5.
Con effetto dal 1° gennaio 2013 sono soppresse le lettere a), b) e c) del comma 1 dell’ articolo 19 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.

Art. 36
(Aumento contributivo lavoratori iscritti Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995)
1.
All’articolo 1, comma 79, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, al primo periodo le parole “e in misura pari al 26 per cento a decorrere dall’anno 2010” sono sostituite dalle seguenti: “, in misura pari al 26 per cento per gli anni 2010 e 2011, in misura pari al 27 per cento per l’anno 2012, al 28 per cento per l’anno 2013, al 29 per cento per l’anno 2014, al 30 per cento per l’anno 2015, al 31 per cento per l’anno 2016, al 32 per cento per l’anno 2017 e al 33 per cento a decorrere dall’anno 2018” e al secondo periodo aggiungere, in fine, le seguenti: “ per gli anni 2008-2011, al 18 per cento per l’anno 2012, al 19 per cento per l’anno 2013, al 20 per cento per l’anno 2014, al 21 per cento per l’anno 2015, al 22 per cento per l’anno 2016, al 23 per cento per l’anno 2017 e al 24 per cento a decorrere dall’anno 2018.”.

Art. 37
(Gestione della transizione verso il nuovo assetto di ammortizzatori sociali)
1.
Al fine di garantire la graduale transizione verso il regime delineato dalla riforma degli ammortizzatori sociali di cui alla presente legge, assicurando la gestione delle situazioni derivanti dal perdurare dello stato di debolezza dei livelli produttivi del Paese, per gli anni 2013-2016 il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, può disporre, sulla base di specifici accordi governativi e per periodi non superiori a dodici mesi, in deroga alla normativa vigente, la concessione, anche senza soluzione di continuità, di trattamenti di integrazione salariale e di mobilità, anche con riferimento a settori produttivi e ad aree regionali, nei limiti delle risorse finanziarie a tal fine destinate nell’ambito del Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, come rifinanziato dal comma 2 del presente articolo.
2.
L’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, confluita nel Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, è incrementata di euro 1.000 milioni per ciascuno degli anni 2013 e 2014, di euro 700 milioni per l’anno 2015 e di euro 400 milioni per l’anno 2016.
3.
Nell’ambito delle risorse finanziarie destinate alla concessione, in deroga alla normativa vigente, anche senza soluzione di continuità, di trattamenti di integrazione salariale e di mobilità, i trattamenti concessi ai sensi dell’articolo 33, comma 21, della legge 12 novembre 2011 n. 183 nonché ai sensi del comma 1 del presente articolo possono essere prorogati, sulla base di specifici accordi governativi e per periodi non superiori a dodici mesi, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. La misura dei trattamenti di cui al periodo precedente è ridotta del 10 per cento nel caso di prima proroga, del 30 per cento nel caso di seconda proroga e del 40 per cento nel caso di proroghe successive. I trattamenti di sostegno del reddito, nel caso di proroghe successive alla seconda, possono essere erogati esclusivamente nel caso di frequenza di specifici programmi di reimpiego, anche miranti alla riqualificazione professionale, organizzati dalla regione. Bimestralmente il Ministero del lavoro e delle politiche sociali invia al Ministero dell’economia e delle finanze una relazione sull’andamento degli impegni delle risorse destinate agli ammortizzatori in deroga.
4.
Al fine di garantire criteri omogenei di accesso a tutte le forme di integrazione del reddito, si applicano anche ai lavoratori destinatari dei trattamenti di integrazione salariale in deroga e di mobilità in deroga, rispettivamente, le disposizioni di cui all’articolo 8, comma 3, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, e di cui all’articolo 16, comma 1, della legge 23 luglio 1991, n. 223.

Art. 38
(Aliquota di finanziamento e di computo della gestione autonoma coltivatori diretti, mezzadri e coloni)
1. Con effetto dal 1° gennaio 2013 le aliquote contributive pensionistiche di finanziamento e di computo di cui alle tabelle b) e c) in allegato n. 1 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, si applicano ai lavoratori iscritti alla gestione autonoma coltivatori diretti, mezzadri e coloni dell’Inps già non interessati dalla predetta disposizione incrementale. Le aliquote di finanziamento sono comprensive del contributo addizionale del 2 per cento previsto dall’articolo 12, comma 4, della legge 2 agosto 1990, n. 233.

Art. 39
(Abrogazioni)
1.
Sono abrogate, a decorrere dal 1° gennaio 2013, le seguenti disposizioni:
a)
legge 23 luglio 1991, n. 223, articolo 3;
b)
decreto-legge 29 novembre 2008 n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, art. 19, commi 1-bis, 1-ter, 2 e 2-bis;
c)
decreto legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito con modificazioni in legge 20 maggio 1988, n. 160, art. 7, comma 3;
d)
R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 40.
2.
È abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 2016, l’articolo 3 della legge 23 luglio 1991, n. 223;
3.
Sono abrogate, a decorrere dal 1° gennaio 2017, le seguenti disposizioni:
a)
legge 23 luglio 1991, n. 223, articolo 5, commi 4, 5 e 6;
b)
legge 23 luglio 1991, n. 223, articoli da 6 a 9;
c)
legge 23 luglio 1991, n. 223, articolo 10, comma 2;
d)
legge 23 luglio 1991, n. 223, articolo 16, commi da 1 a 3;
e)
legge 23 luglio 1991, n. 223, articolo 25, comma 9;
f)
decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, art. 3, commi 3 e 4;
g)
legge 6 agosto 1975, n. 427, articoli da 9 a 19.
4.
Alla legge 23 luglio 1991, n. 223, articolo 4, comma 1, le parole “Le procedure di mobilità” sono sostituite dalle seguenti: “La procedura di licenziamento collettivo”.
5.
Alla legge 23 luglio 1991, n. 223, articolo 4, comma 3, le parole “la dichiarazione di mobilità” sono sostituite dalle seguenti: “il licenziamento collettivo” e le parole “programma di mobilità” sono sostituite dalle parole: “programma di riduzione del personale”.
6.
Alla legge 23 luglio 1991, n. 223, articolo 4, comma 8, le parole procedura di mobilità” sono sostituite dalle seguenti: “procedure di licenziamento collettivo”.
7.
Alla legge 23 luglio 1991, n. 223, articolo 4, comma 9, le parole “collocati in mobilità” sono sostituite dalla seguente: “licenziati”.
8.
Alla legge 23 luglio 1991, n. 223, articolo 4, comma 10, le parole “collocare in mobilità” sono sostituite dalla seguente: “licenziare”. Allo stesso comma, le parole “posti in mobilità” sono sostituite dalla seguente: “licenziati”.
9.
Alla legge 23 luglio 1991, n. 223, articolo 5, commi 1 e 2, le parole “collocare in mobilità” sono sostituite dalla seguente: “licenziare”.

Sezione II – Tutele in costanza di rapporto di lavoro
Sezione II
Tutele in costanza di rapporto di lavoro
Art. 40
(Estensione della disciplina in materia di integrazione salariale straordinaria a particolari) settori
1.
All’articolo 12 della legge 23 luglio 1991, n. 223, dopo il comma 3 è inserito il seguente:
“4. A decorrere dal 1° gennaio 2013 le disposizioni in materia di trattamento straordinario di integrazione salariale ed i relativi obblighi contributivi sono estesi alle seguenti imprese:
a)
imprese esercenti attività commerciali con più di cinquanta dipendenti;
b)
agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici, con più di cinquanta dipendenti;
c)
imprese di vigilanza con più di quindici dipendenti;
d)
imprese del trasporto aereo a prescindere dal numero di dipendenti;
e)
imprese del sistema aeroportuale a prescindere dal numero di dipendenti.

Art. 41
(Indennità di mancato avviamento al lavoro per i lavoratori del settore portuale)
1. A decorrere dal 1° gennaio 2013 ai lavoratori addetti alle prestazioni di lavoro temporaneo occupati con contratto di lavoro a tempo indeterminato nelle imprese e agenzie di cui all’articolo 17, commi 2 e 5, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e successive modificazioni, e ai lavoratori dipendenti dalle società derivate dalla trasformazione delle compagnie portuali ai sensi dell’articolo 21, comma 1, lettera b), della medesima legge n. 84 del 1994, e successive modificazioni, è riconosciuta un’indennità di importo pari a un ventiseiesimo del trattamento massimo mensile di integrazione salariale straordinaria, comprensiva della relativa contribuzione figurativa e degli assegni per il nucleo familiare, per ogni giornata di mancato avviamento al lavoro, nonché per le giornate di mancato avviamento al lavoro che coincidano, in base al programma, con le giornate definite festive, durante le quali il lavoratore sia risultato disponibile. L’indennità è riconosciuta per un numero di giornate di mancato avviamento al lavoro pari alla differenza tra il numero massimo di ventisei giornate mensili erogabili e il numero delle giornate effettivamente lavorate in ciascun mese, incrementato del numero delle giornate di ferie, malattia, infortunio, permesso e indisponibilità. L’erogazione dei trattamenti di cui al presente comma da parte dell’Inps è subordinata all’acquisizione degli elenchi recanti il numero, distinto per ciascuna impresa o agenzia, delle giornate di mancato avviamento al lavoro, predisposti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in base agli accertamenti effettuati in sede locale dalle competenti autorità portuali o, laddove non istituite, dalle autorità marittime.
2. Alle imprese e agenzie di cui all’articolo 17, commi 2 e 5, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e successive modificazioni, e alle società derivate dalla trasformazione delle compagnie portuali ai sensi dell’articolo 21, comma 1, lettera b), della medesima legge n. 84 del 1994, e successive modificazioni, nonché ai relativi lavoratori, è esteso l’obbligo contributivo di cui all’articolo 9 della legge 29 dicembre 1990, n. 407.

Art. 42
(Istituzione dei fondi di solidarietà bilaterali)
1. Al fine di assicurare la definizione, entro l’anno 2013, di un sistema inteso ad assicurare adeguate forme di sostegno per i lavoratori dei diversi comparti, le organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative al livello nazionale stipulano, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, accordi collettivi e contratti collettivi, anche intersettoriali, aventi ad oggetto la costituzione di fondi di solidarietà bilaterali per i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale, con la finalità di assicurare ai lavoratori una tutela in costanza di rapporto di lavoro nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per cause previste dalla normativa in materia di integrazione salariale ordinaria o straordinaria.
2. Entro i successivi novanta giorni, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze si provvede all’istituzione presso l’Inps dei fondi cui al comma 1.
3. Con le medesime modalità di cui ai commi 1 e 2 possono essere apportate modifiche e integrazioni agli atti istitutivi di ciascun fondo. Le modifiche aventi ad oggetto la disciplina delle prestazioni o la misura delle aliquote sono adottate con decreto direttoriale dei Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e dell’economia e delle finanze, sulla base di una proposta del comitato amministratore.
4. I decreti di cui al comma 2 determinano, sulla base degli accordi, l’ambito di applicazione del fondo, con riferimento al settore di attività, alla natura giuridica dei datori di lavoro ed alla classe di ampiezza dei datori di lavoro. Il superamento dell’eventuale soglia dimensionale fissata per la partecipazione al fondo si verifica mensilmente con riferimento alla media del semestre precedente.
5. I fondi di cui al comma 1 non hanno personalità giuridica e costituiscono gestioni dell’Inps.
6. Gli oneri di amministrazione di ciascun fondo sono determinati secondo i criteri definiti dal regolamento di contabilità dell’Inps.
7. L’istituzione dei fondi è obbligatoria per tutti i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale in relazione alle imprese che occupano mediamente più di 15 dipendenti. Le prestazioni e i relativi obblighi contributivi non si applicano al personale dirigente se non espressamente previsto.
8. In aggiunta a quella definita al comma 1, i fondi possono avere le seguenti finalità:
a)
assicurare ai lavoratori una tutela in caso di cessazione dal rapporto di lavoro, integrativa rispetto all’assicurazione sociale per l’impiego;
b)
prevedere assegni straordinari per il sostegno al reddito, riconosciuti nel quadro dei processi di agevolazione all’esodo, a lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi cinque anni;
c)
contribuire al finanziamento di programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale, anche in concorso con gli appositi fondi nazionali o comunitari.
9. Per le finalità di cui al comma 8 i fondi di solidarietà possono essere istituiti, con le medesime modalità di cui al comma 1, anche in relazione a settori e classi di ampiezza già coperti dalla normativa in materia di integrazioni salariali. Per le imprese nei confronti delle quali trovano applicazione gli articoli 4 e seguenti della legge n. 223 del 1991 in materia di indennità di mobilità, gli accordi e contratti collettivi con le modalità di cui al comma 1 possono prevedere che il fondo di solidarietà sia finanziato, a decorrere dal 1° gennaio 2017, con un’aliquota contributiva nella misura dello 0,30% delle retribuzioni imponibili ai fini previdenziali.
10. Gli accordi ed i contratti di cui al comma 1 possono prevedere che nel fondo di solidarietà confluisca anche l’eventuale fondo interprofessionale istituito dalle medesime parti firmatarie ai sensi dell’articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388. In tal caso al fondo affluisce anche il gettito del contributo integrativo stabilito dall’articolo 25, quarto comma, della legge 21 dicembre 1978, n. 845, e successive modificazioni, con riferimento ai datori di lavoro cui si applica il fondo e le prestazioni derivanti dall’attuazione del primo periodo del presente comma sono riconosciute nel limite di tale gettito.

Art. 43
(Fondo di solidarietà residuale per l’integrazione salariale)
1. Per i settori, tipologie di datori di lavoro e classi dimensionali comunque superiori ai 15 dipendenti, non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale, per i quali non siano stipulati, entro il 31 marzo 2013, accordi collettivi volti all’attivazione di un fondo di solidarietà, è istituito, con decreto non regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, un fondo di solidarietà residuale, cui contribuiscono i datori di lavoro dei settori identificati.
2. Il fondo residuale – finanziato con i contributi dei datori di lavoro e dei lavoratori dei settori coperti, secondo quanto definito dall’articolo 44 – garantisce la prestazione di cui all’articolo 46, comma 1, per una durata non superiore a un ottavo delle ore complessivamente lavorabili da computare in un biennio mobile, in relazione alle causali di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa previste dalla normativa in materia di cassa integrazione ordinaria e straordinaria.
3. Alla gestione del fondo provvede un comitato amministratore, avente i compiti di cui all’articolo 47, comma 1, e composto da esperti designati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale, nonché da due funzionari, con qualifica di dirigente, in rappresentanza, rispettivamente, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell’economia e delle finanze. Le funzioni di membro del comitato sono incompatibili con quelle connesse a cariche nell’ambito delle organizzazioni sindacali.

Art. 44
(Contributi di finanziamento)
1. I decreti di cui agli articoli 42 e 43 determinano le aliquote di contribuzione ordinaria, ripartita tra datori di lavoro e lavoratori nella misura di due terzi ed un terzo, in maniera tale da garantire la precostituzione di risorse continuative adeguate sia per l’avvio dell’attività sia per la situazione di regime, da verificarsi anche sulla base dei bilanci di previsione di cui al comma 3.
2.
Qualora sia prevista la prestazione di cui all’articolo 46, comma 1, è previsto, a carico del datore di lavoro che ricorra alla sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, un contributo addizionale, calcolato in rapporto alle retribuzioni perse, nella misura prevista dai decreti di cui agli articoli 42 e 43 e comunque non inferiore all’1,5%.
3.
Per la prestazione straordinaria di cui all’art. 46, comma 2, lettera b), è dovuto, da parte del datore di lavoro, un contributo straordinario di importo corrispondente al fabbisogno di copertura degli assegni straordinari erogabili e della contribuzione correlata.
4.
Ai contributi di finanziamento, si applicano le disposizioni vigenti in materia di contribuzione previdenziale obbligatoria, ad eccezione di quelle relative agli sgravi contributivi.

Art. 45
(Risorse finanziarie)
1.
I fondi istituiti ai sensi dell’articolo 42 e 43 hanno obbligo di bilancio in pareggio e non possono erogare prestazioni in carenza di disponibilità.
2.
Gli interventi a carico dei fondi sono concessi previa costituzione di specifiche riserve finanziarie ed entro i limiti delle risorse già acquisite.
3.
I fondi istituiti ai sensi degli articoli 42 e 43 hanno obbligo di presentazione, sin dalla loro costituzione, di bilanci di previsione a 8 anni basati sullo scenario macroeconomico coerente con il più recente Documento di Economia e Finanza e relativa Nota di Aggiornamento.
4.
Sulla base del bilancio di previsione di cui al comma 3, il comitato amministratore di cui all’articolo 47 ha facoltà di proporre modifiche in relazione all’importo delle prestazioni o alla misura dell’aliquota. Le modifiche sono adottate, anche in corso d’anno, con decreto direttoriale dei Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e dell’economia e delle finanze, verificate le compatibilità finanziarie interne al fondo, sulla base della proposta del comitato amministratore.
5.
In caso di necessità di assicurare il pareggio di bilancio ovvero di far fronte a prestazioni già deliberate o da deliberare ovvero di inadempienza del comitato amministratore in relazione all’attività di cui al comma 4, l’aliquota contributiva può essere modificata con decreto direttoriale dei Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e dell’economia e delle finanze, anche in mancanza di proposta del comitato amministratore. In ogni caso, in assenza dell’adeguamento contributivo di cui al comma precedente, l’Inps è tenuto a non erogare le prestazioni in eccedenza.

Art. 46
(Prestazioni)
1.
I fondi di cui all’articolo 42 assicurano almeno la prestazione di un assegno ordinario di importo pari all’integrazione salariale, di durata non superiore a un ottavo delle ore complessivamente lavorabili da computare in un biennio mobile, in relazione alle causali previste dalla normativa in materia di cassa integrazione ordinaria o straordinaria.
2.
I fondi di cui all’articolo 42 possono inoltre erogare le seguenti tipologie di prestazione:
a)
prestazioni integrative, in termini di importi o durate, rispetto a quanto garantito dall’Assicurazione Sociale per l’Impiego;
b)
assegni straordinari per il sostegno al reddito, riconosciuti nel quadro dei processi di agevolazione all’esodo, a lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi cinque anni;
c)
contributi al finanziamento di programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale, anche in concorso con gli appositi fondi nazionali o comunitari.
3.
Nei casi di cui al comma 1 il fondo provvede inoltre a versare la contribuzione correlata alla prestazione alla gestione di iscrizione del lavoratore interessato. La contribuzione dovuta è computata in base a quanto previsto dall’articolo 40 della legge 4 novembre 2010, n. 183.
4.
La contribuzione correlata di cui al comma 3 può altresì essere prevista, dai decreti istitutivi, in relazione alle prestazioni di cui al comma 2. In tal caso, il fondo provvede a versare la contribuzione correlata alla prestazione alla gestione di iscrizione del lavoratore interessato.

Art. 47
(Gestione dei fondi)
1.
Alla gestione di ciascun fondo istituito ai sensi dell’articolo 42, provvede un comitato amministratore con i seguenti compiti:
a)
predisporre, sulla base dei criteri stabiliti dal consiglio di indirizzo e vigilanza dell’INPS, i bilanci annuali, preventivo e consuntivo, della gestione, corredati da una propria relazione, e deliberare sui bilanci tecnici relativi alla gestione stessa;
b)
deliberare in ordine alla concessione degli interventi e dei trattamenti e compiere ogni altro atto richiesto per la gestione degli istituti previsti dal regolamento;
c)
fare proposte in materia di contributi, interventi e trattamenti;
d)
vigilare sull’affluenza dei contributi, sull’ammissione agli interventi e sull’erogazione dei trattamenti, nonché sull’andamento della gestione;
e)
decidere in unica istanza sui ricorsi in ordine alle materie di competenza;
f)
assolvere ogni altro compito ad esso demandato da leggi o regolamenti.
2.
Il comitato è composto da esperti designati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori stipulanti l’accordo o il contratto collettivo, in numero complessivamente non superiore a dieci, nonché da due funzionari, con qualifica di dirigente, in rappresentanza, rispettivamente, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell’economia e delle finanze. Le funzioni di membro del comitato sono incompatibili con quelle connesse a cariche nell’ambito delle organizzazioni sindacali. Ai componenti del comitato non spetta alcun emolumento, indennità o rimborso spese.
3.
Il comitato è nominato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e rimane in carica per quattro anni o per la diversa durata prevista decreto istitutivo.
4.
Il presidente del comitato è eletto dal comitato stesso tra i propri membri.
5.
Le deliberazioni del comitato vengono assunte a maggioranza e, in caso di parità nelle votazioni, prevale il voto del presidente.
6.
Partecipa alle riunioni del comitato amministratore del fondo il collegio sindacale dell’Inps, nonché il direttore generale dell’Istituto o un suo delegato, con voto consultivo.
7.
L’esecuzione delle decisioni adottate dal comitato amministratore può essere sospesa, ove si evidenzino profili di illegittimità, da parte del direttore generale dell’Inps. Il provvedimento di sospensione deve essere adottato nel termine di cinque giorni ed essere sottoposto, con l’indicazione della norma che si ritiene violata, al presidente dell’Istituto nell’ambito delle funzioni di cui all’articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 479; entro novanta giorni, il presidente stabilisce se dare ulteriore corso alla decisione o se annullarla. Trascorso tale termine la decisione diviene esecutiva.

Art. 48
(Riconversione dei fondi di solidarietà istituiti ai sensi dell’articolo 2, comma 28, della legge 23 dicembre 1996, n. 662)
1.
La disciplina dei fondi di solidarietà istituiti ai sensi dell’articolo 2, comma 28, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, è adeguata alle norme previste dal presente capo con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base di accordi collettivi e contratti collettivi, da stipularsi tra le organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale entro il 30 giugno 2013.
2.
L’entrata in vigore dei decreti di cui al comma 1 determina l’abrogazione del decreto ministeriale recante il regolamento del relativo fondo.

Art. 49
(Riconversione del fondo di solidarietà di cui all’articolo 1-ter del decreto legge 5 ottobre 2004 n. 249, convertito, con modificazioni, con legge 3 dicembre 2004, n. 291)
1.
La disciplina del fondo di cui all’articolo 1-ter del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2004, n. 291, è adeguata alle norme previste dal presente capo con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base di accordi collettivi e contratti collettivi, anche intersettoriali, stipulati entro il 30 giugno 2013 dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale nel settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale.

Art. 50
(Riconversione del fondo di solidarietà di cui all’articolo 59, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449)
1.
La disciplina del fondo di cui all’articolo 59, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, è adeguata alle norme previste dal presente capo con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base di accordi collettivi e contratti collettivi, anche intersettoriali, stipulati entro il 30 giugno 2013 dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale nel settore del trasporto ferroviario.

Art. 51
(Abrogazioni)
1.
A decorrere dal 1° gennaio 2013 sono abrogate le seguenti disposizioni:
a)
decreto legge 5 ottobre 2004 n. 249, convertito con modificazioni dalla legge 3 dicembre 2004, n. 291, articolo 1-bis;
b)
legge 22 dicembre 2008 n. 203, articolo 2, comma 37.
2.
A decorrere dal 1° gennaio 2014 sono abrogate le seguenti disposizioni:
a)
legge 23 dicembre 1996, n. 662, articolo 2, comma 28;
b)
decreto ministeriale 27 novembre 1997, n. 477;
c)
decreto legge 5 ottobre 2004 n. 249, convertito con modificazioni dalla legge 3 dicembre 2004, n. 291, articolo 1-ter;
d)
legge 27 dicembre 1997, n. 449, articolo 59, comma 6, relativamente agli ultimi tre periodi.

Art. 52
(Interventi in favore dei lavoratori anziani)
1.
Nei casi di eccedenza di personale, accordi tra datori di lavoro che impieghino mediamente più di quindici dipendenti e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello aziendale possono prevedere che, al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori più anziani, il datore di lavoro si impegni a corrispondere ai lavoratori una prestazione di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe in base alle regole vigenti, ed a corrispondere all’Inps la contribuzione fino al raggiungimento dei requisiti minimi per il pensionamento.
2.
I lavoratori coinvolti nel programma di cui al comma 1 debbono raggiungere i requisiti minimi per il pensionamento, di vecchiaia o anticipato, nei quattro anni successivi alla cessazione dal rapporto di lavoro.
3.
Allo scopo di dare efficacia all’accordo di cui al comma 1, il datore di lavoro interessato presenta apposita domanda all’Inps, accompagnata dalla presentazione di una fidejussione bancaria a garanzia della solvibilità in relazione agli obblighi.
4.
L’accordo diviene efficace a seguito della validazione da parte dell’Inps, che effettua l’istruttoria in ordine alla presenza dei requisiti in capo al lavoratore ed al datore di lavoro.
5.
A seguito dell’accettazione dell’accordo il datore di lavoro è obbligato a versare mensilmente all’Inps la provvista per la prestazione e per la contribuzione figurativa. In ogni caso, in assenza del versamento mensile di cui al presente comma, l’Inps è tenuto a non erogare le prestazioni.
6.
In caso di mancato versamento l’Inps procede a notificare un avviso di pagamento; decorsi 180 giorni dalla notifica senza l’avvenuto pagamento l’Inps procede alla escussione della fidejussione.
7.
Il pagamento della prestazione avviene da parte dell’Inps, con le modalità previste per il pagamento delle pensioni. L’Istituto provvede contestualmente all’accredito della relativa contribuzione figurativa.

Art. 53
(Incentivi all’occupazione per i lavoratori anziani e le donne nelle aree svantaggiate)
1.
In relazione alle assunzioni effettuate, a decorrere dal 1° gennaio 2013, con contratto di lavoro dipendente, a tempo determinato, in somministrazione, in relazione a lavoratori di età non inferiore a cinquanta anni, disoccupati da oltre dodici mesi, spetta, per la durata di dodici mesi, la riduzione del 50 per cento dei contributi a carico del datore di lavoro.
2.
Nei casi di cui al primo comma, se il contratto è trasformato a tempo indeterminato, la riduzione si prolunga fino al diciottesimo mese dalla data di assunzione.
3.
Nei casi di cui al primo comma, qualora l’assunzione sia effettuata con contratto di lavoro a tempo indeterminato, la riduzione dei contributi spetta per un periodo di diciotto mesi dalla data di assunzione.
4.
Le disposizioni di cui al presente articolo trovano applicazione nel rispetto del regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione, del 6 agosto 2008, anche in relazione alle assunzioni di donne di qualsiasi età, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell’ambito dei fondi strutturali comunitari e nelle aree di cui all’articolo 2, punto 18), lettera e) del predetto regolamento, annualmente individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, nonché in relazione alle assunzioni di donne di qualsiasi età prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi, ovunque residenti.

Art. 54
(Principi generali concernenti gli incentivi alle assunzioni)
1. Al fine di garantire un’omogenea applicazione degli incentivi all’assunzione, ivi compresi quelli previsti dall’articolo 8, comma 9, della legge 29 dicembre 1990, n. 407, e dagli articoli 8, commi 2 e 4, e 25, comma 9, della legge 23 luglio 1991 n. 223, per i periodi di vigenza come ridefiniti dalla presente legge, si definiscono i seguenti principi:
a)
gli incentivi non spettano se l’assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della contrattazione collettiva; gli incentivi sono esclusi anche nel caso in cui il lavoratore avente diritto all’assunzione viene utilizzato mediante contratto di somministrazione;
b)
gli incentivi non spettano se il datore di lavoro o l’utilizzatore con contratto di somministrazione abbiano in atto sospensioni dal lavoro connesse ad una crisi o riorganizzazione aziendale, salvi i casi in cui l’assunzione (o la trasformazione) o la somministrazione siano finalizzate all’acquisizione di professionalità sostanzialmente diverse da quelle dei lavoratori sospesi oppure sia effettuata presso una diversa unità produttiva.
c)
Gli incentivi non spettano con riferimento a quei lavoratori che siano stati licenziati, nei sei mesi precedenti, da parte di un datore di lavoro che, al momento del licenziamento, presenti assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli del datore di lavoro che assume ovvero risulti con quest’ultimo in rapporto di collegamento o controllo; in caso di somministrazione tale condizione si applica anche all’utilizzatore.
2.
Ai fini della determinazione del diritto agli incentivi e della loro durata si cumulano i periodi in cui il lavoratore ha prestato l’attività in favore dello stesso soggetto, a titolo di lavoro subordinato o somministrato; non si cumulano le prestazioni in somministrazione effettuate dallo stesso lavoratore nei confronti di diversi utilizzatori, anche se fornite dalla medesima Agenzia, salvo che tra gli utilizzatori ricorrano assetti proprietari sostanzialmente coincidenti ovvero intercorrano rapporti di collegamento o controllo
3.
All’articolo 8, comma 9, della legge 29 dicembre 1990, n. 407, le parole “quando esse non siano effettuate in sostituzione di lavoratori dipendenti dalle stesse imprese per qualsiasi causa licenziati o sospesi” sono sostituite dalle seguenti: “quando esse non siano effettuate in sostituzione di lavoratori dipendenti dalle stesse imprese licenziati per giustificato motivo oggettivo o per riduzione del personale o sospesi”.
4.
L’inoltro tardivo delle comunicazioni telematiche obbligatorie inerenti l’instaurazione e la modifica di un rapporto di lavoro o di somministrazione producono la perdita di quella parte dell’incentivo relativa al periodo compreso tra la decorrenza del rapporto agevolato e la data della tardiva comunicazione.

Capo V
Ulteriori disposizioni in materia di mercato del lavoro
Art. 55
(Tutela della maternità e paternità e contrasto del fenomeno delle dimissioni in bianco)
1. Il comma 4 dell’articolo 55 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, è sostituito dal seguente:
“4. La risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni decorrenti dalle comunicazioni di cui all’articolo 54, comma 9, devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio. A detta convalida è sospensivamente condizionata l’efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro.”.
2. Al di fuori dell’ipotesi di cui all’articolo 55, comma 4, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, come sostituito dal presente articolo, l’efficacia delle dimissioni della lavoratrice o del lavoratore e della risoluzione consensuale del rapporto è sospensivamente condizionata alla convalida effettuata secondo modalità individuate con decreto non regolamentare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, presso la Direzione territoriale del lavoro o il Centro per l’impiego territorialmente competenti, ovvero presso le sedi individuate dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
3. In alternativa alla procedura di cui al comma 2, l’efficacia delle dimissioni della lavoratrice o del lavoratore e della risoluzione consensuale del rapporto è sospensivamente condizionata alla sottoscrizione di apposita dichiarazione della lavoratrice o del lavoratore apposta in calce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro di cui all’articolo 21 della legge 29 aprile 1949, n. 264. Con decreto, di natura non regolamentare, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, possono essere individuate ulteriori modalità semplificate per accertare la veridicità della data e la autenticità della manifestazione di volontà del lavoratore, in relazione alle dimissioni o alla risoluzione consensuale del rapporto, in funzione dello sviluppo dei sistemi informatici e della evoluzione della disciplina in materia di comunicazioni obbligatorie.
4. Nell’ipotesi in cui la lavoratrice o il lavoratore non proceda alla convalida di cui al comma 2 ovvero alla sottoscrizione di cui al comma 3, il rapporto di lavoro si intende risolto, per il verificarsi della condizione sospensiva, qualora la lavoratrice o il lavoratore non aderisca, entro sette giorni dalla ricezione, all’invito a presentarsi presso le sedi di cui al comma 2 ovvero all’invito ad apporre la predetta sottoscrizione, che gli sia stato trasmesso dal datore di lavoro tramite comunicazione scritta, ovvero non effettui la contestazione di cui al comma 6.
5. La comunicazione contenente l’invito, cui deve essere allegata copia della ricevuta di trasmissione di cui al comma 3, si considera validamente effettuata quando è recapitata al domicilio della lavoratrice o del lavoratore indicato nel contratto di lavoro o ad altro domicilio formalmente comunicato dalla lavoratrice o dal lavoratore al datore di lavoro, ovvero è consegnata alla lavoratrice o al lavoratore che ne sottoscrive copia per ricevuta.
6. Nei sette giorni di cui al comma 4, che possono sovrapporsi con il periodo di preavviso lavorato, la lavoratrice o il lavoratore può contestare l’efficacia delle dimissioni e della risoluzione consensuale, offrendo le proprie prestazioni al datore di lavoro.
7. Qualora, in mancanza della convalida ovvero della sottoscrizione di cui al comma 3, il datore di lavoro non provveda a trasmettere alla lavoratrice o al lavoratore la comunicazione contenente l’invito entro il termine di trenta giorni dalla data delle dimissioni e della risoluzione consensuale, le dimissioni si considerano definitivamente prive di effetto.
8. Salvo che il fatto costituisca reato, il datore di lavoro che abusi del foglio firmato in bianco dalla lavoratrice o dal lavoratore al fine di simularne le dimissioni o la risoluzione consensuale del rapporto, è punito con la sanzione amministrativa da euro 5.000 ad euro 30.000. L’accertamento e l’irrogazione della sanzione sono di competenza delle Direzioni territoriali del lavoro. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 56
(Sostegno alla genitorialità)
1. Al fine di sostenere la genitorialità, promuovendo una cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli all’interno della coppia e per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, in via sperimentale per gli anni 2013 – 2015:
a)
il padre lavoratore dipendente, entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, ha l’obbligo di astenersi dal lavoro per un periodo di tre giorni, anche continuativi, dei quali due giorni in sostituzione della madre e con un riconoscimento di un’indennità giornaliera a carico dell’Inps pari al cento per cento della retribuzione e il restante giorno in aggiunta all’obbligo di astensione della madre con un riconoscimento di un’indennità giornaliera pari al cento per cento della retribuzione. Il padre lavoratore è tenuto a fornire preventiva comunicazione in forma scritta al datore di lavoro dei giorni prescelti per astenersi dal lavoro, almeno quindici giorni prima dei medesimi. All’onere derivante dalla presente lettera valutato in 78 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013-2015 si provvede, quanto a 65 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013-2015, a valere sulle risorse del Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell’incremento in termini quantitativi e qualitativi dell’occupazione giovanile e delle donne di cui all’articolo 24, comma 27, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, il quale viene corrispondentemente ridotto, e quanto a 13 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013-2015 ai sensi dell’articolo 70 della presente legge.
b)
nei limiti delle risorse di cui al comma 3 e con le modalità di cui al comma 2 è disciplinata la possibilità di concedere alla madre lavoratrice, al termine del periodo di congedo di maternità, per gli undici mesi successivi e in alternativa al congedo parentale di cui al comma 1, lettera a), dell’articolo 32 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, la corresponsione di voucher per l’acquisto di servizi di baby-sitting da richiedere al datore di lavoro
2. Con decreto, di natura non regolamentare, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti, nei limiti delle risorse di cui al comma 3:
a)
i criteri di accesso e le modalità di utilizzo delle misure sperimentali di cui al presente articolo;
b)
il numero e l’importo dei voucher, tenuto anche conto dell’indicatore della situazione economica equivalente del nucleo familiare di appartenenza.
3. Il decreto di cui al comma 2 provvede altresì a determinare, per la misura sperimentale di cui al comma 1, lettera b), e per ciascuno degli anni 2013-2015, la quota di risorse del citato Fondo di cui all’articolo 24, comma 27, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nel limite delle quali è riconosciuto il beneficio previsto dalla predetta misura sperimentale.

Art. 57
(Efficace attuazione del diritto al lavoro dei disabili)
1. All’articolo 4, comma 1, della legge 13 marzo 1999, n. 68, il primo periodo è sostituito dal seguente:
“Agli effetti della determinazione del numero di soggetti disabili da assumere, sono computati di norma tra i dipendenti tutti i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato. Ai medesimi effetti, non sono computabili: i lavoratori occupati ai sensi della presente legge, i soci di cooperative di produzione e lavoro, i dirigenti, i lavoratori assunti con contratto di inserimento, i lavoratori occupati con contratto di somministrazione presso l’utilizzatore, i lavoratori assunti per attività da svolgersi all’estero per la durata di tale attività, i soggetti impegnati in lavori socialmente utili assunti ai sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81, i lavoratori a domicilio, i lavoratori che aderiscono al programma di emersione, ai sensi dell’articolo 1, comma 4-bis, della legge 18 ottobre 2001, n. 383. Restano salve le ulteriori esclusioni previste dalle discipline di settore.”.
2. All’articolo 6, comma 1, della legge 12 marzo 1999, n. 68, dopo il primo periodo è aggiunto il seguente:
“I medesimi organismi sono tenuti a comunicare, anche in via telematica, con cadenza almeno mensile, alla competente Direzione territoriale del lavoro il mancato rispetto degli obblighi di cui all’articolo 3, nonché il ricorso agli esoneri, ai fini della attivazione degli eventuali accertamenti.”.
3. All’articolo 5 della legge 12 marzo 1999, n. 68, dopo il comma 8-quater è aggiunto il seguente:
“8-quinquies. Al fine di evitare abusi nel ricorso all’istituto dell’esonero dagli obblighi di cui all’articolo 3 e di garantire il rispetto delle quote di riserva, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanare, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione, sono ridefiniti i procedimenti relativi agli esoneri, i criteri e le modalità per la loro concessione e sono stabilite norme volte al potenziamento delle attività di controllo.”.

Art. 58
(Interventi volti al contrasto del lavoro irregolare degli immigrati)
1. All’articolo 22, comma 11, secondo periodo, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, le parole “per un periodo non inferiore a sei mesi” sono sostituite dalle seguenti: “per un periodo non inferiore ad un anno ovvero per tutto il periodo di durata della prestazione di sostegno al reddito percepita dal lavoratore straniero, qualora superiore. Decorso il termine di cui al periodo precedente, trovano applicazione i requisiti reddituali di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b)”.

Capo VI
Politiche attive e servizi per l’impiego
Art. 59
(Modifiche al decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181)
1.
Al decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, sono apportate le seguenti modifiche:
a)
all’articolo 3 la rubrica è sostituita dalla seguente: “Livelli essenziali delle prestazioni concernenti i servizi per l’impiego”;
b)
all’articolo 3, dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti:
“2. Nei confronti dei beneficiari di ammortizzatori sociali per i quali lo stato di isoccupazione costituisca requisito, gli obiettivi e gli indirizzi operativi di cui al comma debbono prevedere almeno l’offerta delle seguenti azioni:
d
1
‐‐azioni di orientamento collettive tra i tre ed i sei mesi dall’inizio dello stato di disoccupazione, con formazione sulle modalità più efficaci di ricerca di occupazione adeguate al contesto produttivo territoriale;
colloquio di orientamento entro i tre mesi dall’inizio dello stato di disoccupazione;

formazione della durata complessiva non inferiore a due settimane tra i sei ed i dodici mesi dall’inizio dello stato di disoccupazione, adeguata alle competenze professionali del disoccupato ed alla domanda di lavoro dell’area territoriale di residenza;

proposta di adesione ad iniziative di inserimento lavorativo entro la scadenza del periodo di percezione del trattamento di sostegno del reddito.
3. Nei confronti dei beneficiari di integrazione salariale o di altre prestazioni in costanza di rapporto di lavoro, che comportino la sospensione dall’attività lavorativa per un periodo superiore ai sei mesi, gli obiettivi e gli indirizzi operativi di cui al comma 1 debbono prevedere almeno l’offerta di formazione professionale della durata complessiva non inferiore a 2 settimane adeguata alle competenze professionali del disoccupato”.
c)
all’articolo 4, comma 1, la lettera a) è abrogata;
d)
all’articolo 4, comma 1, lettera c), le parole “con durata del contratto a termine o, rispettivamente, della missione, in entrambi i casi superiore almeno a otto mesi, ovvero a quattro mesi se si tratta di giovani,” sono soppresse;
e)
all’articolo 4, comma 1, la lettera d) è sostituita dalla seguente:
“d) sospensione dello stato di disoccupazione in caso di lavoro subordinato di durata inferiore a sei mesi.”.

Art. 60
(Sistema informativo ASpI; monitoraggio dei livelli essenziali dei servizi erogati; sistema premiale)
1.
Con accordo in Conferenza Unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ed in coerenza con i documenti di programmazione degli interventi cofinanziati con fondi strutturali europei è definito un sistema di premialità, per la ripartizione delle risorse del fondo sociale europeo, legato alla prestazione di politiche attive e servizi per l’impiego.
2.
Entro il 30 giugno 2013 l’Inps predispone e mette a disposizione dei servizi competenti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera g) del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, una banca dati telematica contenente i dati individuali dei beneficiari di ammortizzatori sociali, con indicazione dei dati anagrafici, di residenza e domicilio, dei dati essenziali relativi al tipo di ammortizzatore sociale di cui beneficia.
3.
Ai fini della verifica della erogazione dei servizi in misura non inferiore ai livelli essenziali definiti ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, è fatto obbligo ai servizi competenti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera g) del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, di inserire nella base dati di cui al comma 1, con le modalità definite dall’Inps, i dati essenziali concernenti le azioni di politica attiva e di attivazione svolte nei confronti dei beneficiari di ammortizzatori sociali.
4.
L’attuazione delle disposizioni del presente articolo non può comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, in quanto la stessa è effettuata con le risorse finanziarie, umane e strumentali previste a legislazione vigente.

Art. 61
(Semplificazione delle procedure in materia di acquisizione dello stato di disoccupazione)
1.
Nei casi di presentazione di una domanda di indennità nell’ambito dell’Assicurazione Sociale per l’Impiego la dichiarazione di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, può essere resa dall’interessato all’Inps, che trasmette la dichiarazione al servizio competente per territorio mediante il sistema informativo di cui all’articolo 60.
2.
Al fine di semplificare gli adempimenti connessi al riconoscimento degli incentivi all’assunzione, le Regioni e le Province mettono a disposizione dell’Inps, secondo modalità dallo stesso indicate, le informazioni di propria competenza necessarie per il riconoscimento degli incentivi all’assunzione, ivi comprese le informazioni relative all’iscrizione nelle liste di mobilità, di cui all’articolo 6, della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, e le informazioni relative al possesso dello stato di disoccupazione e alla sua durata, ai sensi del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181 e successive modificazioni. Le informazioni di cui al periodo precedente sono messe inoltre a disposizione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per la pubblicazione nella borsa continua nazionale del lavoro di cui all’articolo 15 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni.

Art. 62
(Offerta di lavoro congrua)
1.
Il lavoratore sospeso dall’attività lavorativa e beneficiario di una prestazione di sostegno del reddito in costanza di rapporto di lavoro, ai sensi del Capo IV – Sezione II della presente legge provvedimento decade dal trattamento qualora rifiuti di essere avviato ad un corso di formazione o di riqualificazione o non lo frequenti regolarmente senza un giustificato motivo.
2.
Il lavoratore destinatario di una indennità di mobilità o di indennità o sussidi, la cui corresponsione è collegata allo stato di disoccupazione o inoccupazione, decade dai trattamenti medesimi, quando:
a)
rifiuti di partecipare senza giustificato motivo ad una iniziativa di politica attiva o di attivazione proposti dai servizi competenti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera g), del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, o non vi partecipi regolarmente;
b)
non accetti una offerta di un lavoro inquadrato in un livello retributivo non inferiore del 120 per cento rispetto all’importo lordo dell’indennità cui ha diritto.
3.
Le disposizioni di cui al comma 2 si applicano quando le attività lavorative o di formazione ovvero di riqualificazione si svolgono in un luogo che non dista più di 50 chilometri dalla residenza del lavoratore, o comunque che è raggiungibile mediamente in 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblici.
4.
Nei casi di cui ai commi precedenti il lavoratore destinatario dei trattamenti di sostegno del reddito perde il diritto alla prestazione, fatti salvi i diritti già maturati.
5.
E’ fatto obbligo ai servizi competenti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera g) del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, di comunicare tempestivamente gli eventi di cui ai commi precedenti all’Inps, che provvede ad emettere il provvedimento di decadenza, recuperando le somme eventualmente erogate per periodi di non spettanza del trattamento.
6.
Avverso il provvedimento di cui al comma 5 è ammesso ricorso al comitato provinciale di cui all’articolo 44 della legge 9 marzo 1989, n. 88.
72
Art. 63
(Disposizioni in materia di incontro tra domanda e offerta di lavoro)
1.
All’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276, dopo la lettera f) è inserita la seguente:
“g) l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, con riferimento ai lavoratori che beneficino di prestazioni per le quali lo stato di disoccupazione sia un requisito”.

Art. 64
(Abrogazioni)
1.
All’articolo 8, comma 16, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 le parole “i disoccupati ed i loro familiari a carico” sono soppresse.
2.
Al decreto legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2004 n. 291, l’articolo 1-quinquies è abrogato.
3.
All’articolo 19 del decreto legge 29 novembre 2008 n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, il comma 10 è abrogato.

Art. 65
(Delega al Governo in materia di politiche attive e servizi per l’impiego)
1. All’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche:
a)
al comma 30, alinea, le parole “, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione,” sono sostituite dalle seguenti: “entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione”;
b)
al comma 30, la lettera a) è sostituita dalla seguente: “a) servizi per l’impiego e politiche attive”;
c)
al comma 31, dopo la lettera e) sono inserite le seguenti:
“e-bis) attivazione del soggetto che cerca lavoro, in quanto mai occupato, espulso o beneficiario di ammortizzatori sociali, al fine di incentivarne la ricerca attiva di una nuova occupazione;
e-ter) qualificazione professionale dei giovani che entrano nel mercato del lavoro;
e-quater) formazione nel continuo dei lavoratori;
e-quinquies) riqualificazione di coloro che sono espulsi, per un loro efficace e tempestivo ricollocamento;
e-sexies) collocamento di soggetti in difficile condizione rispetto alla loro occupabilità;
e-septies) armonizzazione delle disposizioni degli emanandi decreti con le disposizioni di cui al Capo VI della legge recante ‘Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita’”.

Capo VII
Apprendimento permanente
Art. 66
(Finalità)
1. In linea con le indicazioni dell’Unione europea, per apprendimento permanente si intende qualsiasi attività di apprendimento intrapresa dalle persone in modo formale, non formale e informale, nelle varie fasi della vita al fine di migliorare le conoscenze, le capacità e le competenze, in una prospettiva personale, civica, sociale e occupazionale. Le relative politiche sono determinate a livello nazionale attraverso la concertazione istituzionale dello Stato con le regioni e le autonomie locali e il confronto con le parti sociali, a partire dalla individuazione e riconoscimento del patrimonio culturale e professionale comunque accumulato dai cittadini e dai lavoratori nella loro storia personale e professionale, da documentare attraverso la piena realizzazione di una dorsale informativa unica.
2. Ai fini di cui al comma 1, per apprendimento formale si intende quello che si attua nel sistema nazionale di istruzione e formazione e nelle università e istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, concludendosi con il conseguimento di un titolo di studio o di una qualifica professionale o di una certificazione riconosciuta. Alla realizzazione e allo sviluppo della relativa offerta, in particolare, concorrono, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubbblica:
- i centri provinciali per l’istruzione degli adulti, di cui all’articolo 1, comma 632, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
- le strutture formative accreditate dalle regioni;
- la Scuola superiore della pubblica amministrazione, per quanto riguarda il personale dipendente dalla pubblica amministrazione;
- le parti sociali, anche mediante i Fondi interprofessionali, per lo sviluppo della formazione continua e della formazione in apprendistato di cui al decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167.
3. Ai fini di cui al comma 1, per apprendimento non formale si intende quello caratterizzato da una scelta intenzionale, che si realizza al di fuori dei sistemi indicati al comma 2, in ogni organismo che persegua scopi educativi e formativi, anche del volontariato e del privato sociale e nelle imprese che rispondono ai criteri di cui all’articolo 68, comma 1, lettera e).
4. Ai fini di cui al comma 1, per apprendimento informale si intende quello che prescinde da una scelta intenzionale e che si realizza nello svolgimento, da parte di ogni persona, di attività nelle situazioni di vita quotidiana e nelle interazioni che in essa hanno luogo, nell’ambito del contesto di lavoro, familiare e del tempo libero.

Art. 67
(Sistemi integrati territoriali)
1. Ai fini di cui all’articolo 66, su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Ministro dello sviluppo economico, sono definite, nel confronto con le parti sociali, linee guida in sede di Conferenza Unificata ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, per la individuazione di criteri generali e priorità per la costruzione, in modo condiviso con le regioni e le autonomie locali, di sistemi integrati territoriali collegati organicamente alle strategie per la crescita economica, accesso al lavoro dei giovani, riforma del welfare, invecchiamento attivo, esercizio della cittadinanza attiva, anche da parte degli immigrati. Tali sistemi sono caratterizzati da flessibilità organizzativa e di funzionamento, prossimità ai destinatari, capacità di riconoscere e certificare le competenze acquisite dalle persone. I relativi piani di intervento, di durata triennale, comprendono, nei limiti delle risorse destinate da soggetti pubblici a legislazione vigente e da soggetti privati, una pluralità di azioni, con priorità per quelle riguardanti:
a) il sostegno alla costruzione, da parte delle persone, dei propri percorsi di apprendimento formale, non formale ed informale di cui all’articolo 66, commi 3 e 4, ivi compresi quelli di lavoro, facendo emergere ed individuando i fabbisogni di competenza delle persone in correlazione con le necessità dei sistemi produttivi e dei territori di riferimento, con particolare attenzione alle competenze linguistiche e digitali;
b) il riconoscimento di crediti formativi e la certificazione degli apprendimenti comunque acquisiti;
c) la fruizione di servizi di orientamento lungo tutto il corso della vita.
2. Alla realizzazione e allo sviluppo dei sistemi integrati territoriali di cui al comma 1 concorrono anche le università, nella loro autonomia, attraverso l’inclusione dell’apprendimento permanente nelle loro strategie istituzionali, un’offerta formativa flessibile e di qualità, che comprende anche la formazione a distanza, per una popolazione studentesca diversificata, appropriati servizi di orientamento e consulenza, partenariati nazionali, europei e internazionali a sostegno della mobilità delle persone e dello sviluppo sociale ed economico.
3. L’attuazione delle disposizioni del presente articolo non può comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, in quanto la stessa è effettuata con le risorse finanziarie, umane e strumentali previste a legislazione vigente.

Art. 68
(Individuazione e validazione degli apprendimenti non formali e informali e certificazione delle competenze)
1. Ai fini di cui all’articolo 67, comma 1, lettera b), il Governo é delegato ad adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e semplificazione, sentito il Ministro dello sviluppo economico, nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, delle università e degli istituti di alta formazione artistica, musicale e coreutica, un decreto legislativo per la definizione delle norme generali per l’individuazione e la validazione degli apprendimenti non formali ed informali e la certificazione delle competenze, sulla base dei seguenti princıpi e criteri direttivi:
a) riconoscimento e validazione dei saperi acquisiti, anche a distanza, dai cittadini e dai lavoratori quale attestazione dell’apprendimento non formale e informale e certificazione dell’insieme delle conoscenze, abilità e competenze possedute dalla persona; la validazione è effettuata nel rispetto delle scelte e dei diritti individuali e in modo da assicurare a tutti pari opportunità, anche ai fini dell’accesso;
b) definizione di standard nazionali e procedure per la certificazione delle competenze, ivi incluse quelle connesse all’ottenimento della qualifica nei percorsi di apprendistato, con riguardo ai risultati formativi effettivamente conseguiti e alle competenze teorico-pratiche effettivamente possedute, attraverso l’identificazione di una metrica e di metodologie uniformi da predisporre a cura di enti all’uopo preposti e in continuità e coerenza con quanto in essere nel segmento dell’istruzione scolastica;
c) ponderazione dei crediti spendibili ai fini del rientro nei percorsi dell’istruzione scolastica e universitaria, da effettuare in modo da garantire l’equità e il pari trattamento su tutto il territorio nazionale;
d) definizione di procedure e criteri di validazione dell’apprendimento non formale ed informale ispirati a principi di equità, adeguatezza e trasparenza, semplificazione, valorizzazione del patrimonio culturale e professionale accumulato nel tempo dai cittadini e dai lavoratori e previsione di sistemi di garanzia della qualità anche a tutela dei fruitori dei servizi di istruzione e formazione offerti dalle strutture che operano nei contesti non formali di cui all’articolo 66, comma 3;
e) definizione di procedure per l’accreditamento dei soggetti che fanno parte del sistema pubblico nazionale di cui all’articolo 69, abilitati all’individuazione e validazione degli apprendimenti e al rilascio delle relative certificazioni;
f) previsione di criteri generali per il riconoscimento della capacità formativa delle imprese, previo confronto con le parti sociali.
2. Per l’adozione del decreto legislativo di cui al comma 1 si fa applicazione delle disposizioni di cui al comma 90 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247, in quanto compatibili.
3. Dall’emanazione del decreto legislativo attuativo delle deleghe previste dal presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Art. 69
(Sistema pubblico nazionale di certificazione delle competenze)
1. Il sistema pubblico nazionale di certificazione delle competenze si fonda su standard minimi di servizio omogenei su tutto il territorio nazionale nel rispetto dei principi di accessibilità, riservatezza, trasparenza, oggettività e tracciabilità.
2. La certificazione delle competenze acquisite nei contesti formali, non formali ed informali di cui all’articolo 1 è un atto pubblico finalizzato a garantire la trasparenza e il riconoscimento degli apprendimenti, in coerenza con gli indirizzi fissati dall’Unione europea. Le relative procedure sono ispirate a criteri di semplificazione, tracciabilità e accessibilità della documentazione e dei servizi, soprattutto attraverso la dorsale informativa unica di cui all’articolo 66, comma 1.
3. Per competenza certificabile ai sensi del comma 1, si intende un insieme strutturato di conoscenze e di abilità, acquisite nei contesti di cui all’articolo 66 e riconoscibili anche come crediti formativi, previa apposita procedura di validazione degli apprendimenti non formali e informali secondo quanto previsto all’articolo 68.
4. Per certificazione delle competenze si intende l’intero processo che conduce, nel rispetto delle norme di accesso agli atti amministrativi e di tutela della privacy, al rilascio di un certificato, un diploma o un titolo che documenta formalmente l’accertamento e la convalida effettuati da un ente pubblico o da un soggetto accreditato ai sensi dell’articolo 68, comma 1, lettera d).
5. Le certificazioni riguardanti il sistema di istruzione e formazione professionale si riferiscono a figure, intese quali standard definiti a livello nazionale, e a profili, intesi come standard regionali definiti anche in termini di declinazione territoriale delle predette figure nazionali.
6. Con linee guida, definite in sede di Conferenza Unificata a norma del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e la semplificazione, sono definiti standard omogenei di certificazione rispondenti ai principi di cui al comma 1, che contengono gli elementi essenziali per la riconoscibilità e ampia spendibilità delle certificazioni in ambito regionale, nazionale ed europeo, anche con riferimento ai livelli e ai sistemi di referenziazione dell’Unione europea.
7. Le competenze acquisite nell’ambito dei percorsi di apprendimento formali, non formali ed informali certificate sono registrate nel libretto formativo del cittadino istituito dal decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.

Capo VIII
Copertura finanziaria